La Nuova Sardegna

Sassari

Abbanoa deve pagare 5,2 milioni all’ex Asi

 Abbanoa deve pagare 5,2 milioni all’ex Asi

La sentenza della Cassazione chiude l’annosa controversia legale con il Consorzio industriale

04 dicembre 2019
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SASSARI. La Suprema corte di Roma mette la parola fine alla lunga querelle giudiziaria che ha interessato Abbanoa e il Consorzio industriale ex Asi di Sassari. Un verdetto che respinge il ricorso del gestore unico contro la sentenza della corte d’appello di Sassari che, a sua volta, aveva confermato la decisione del giudice di primo grado Silvio Lampus.

Per quel servizio di depurazione e smaltimento delle acque reflue di Porto Torres – fornito dal Consorzio provinciale tra il 2010 e il 2013 – Abbanoa deve quindi pagare in totale cinque milioni e 274mila euro. Respinta, in conclusione, l’opposizione di Abbanoa contro i due decreti ingiuntivi chiesti e ottenuti dal Consorzio tutelato dall’avvocato Stefania Spanu. I decreti erano il numero 941 del luglio 2013 con il quale si intimava il pagamento di due milioni di euro e il numero 1257 di ottobre dello stesso anno per la richiesta di 3 milioni e 250mila euro. All’emissione dei decreti (che sono poi stati riuniti) si era arrivati perché il gestore non aveva proceduto al pagamento delle fatture emesse tra il 2010 e il 2013 dal Consorzio industriale (che dispone di un proprio depuratore cui è collegato il collettore che raccoglie le acque destinate alla depurazione di Porto Torres).

Abbanoa aveva presentato ricorso in Appello contestando tra le altre cose il fatto che il tribunale avesse «riconosciuto valenza probatoria ai documenti prodotti dal Consorzio a sostegno del proprio credito nonostante le contestazioni della società di gestione in merito alla loro formazione unilaterale». Il Consorzio, secondo il gestore unico, avrebbe fatturato «il triplo di quanto dovuto basandosi illegittimamente su rilevazioni mai concordate con Abbanoa, senza alcuna verifica o controllo dell’effettiva funzionalità dei contatori». Ma la Cassazione non ha accolto le censure rilevate. «È la conseguenza – replica Abbanoa – di un vuoto di normazione secondaria, che per lungo tempo ha influenzato i rapporti economici tra il gestore unico e i Consorzi industriali provinciali. Deve infatti precisarsi che, stanti le chiare previsioni legislative contenute nel Codice dell’ambiente, gli impianti tuttora gestiti da diversi Consorzi industriali avrebbero dovuto essere trasferiti da lungo tempo ad Abbanoa. La corte di Cassazione riconosce infatti che il punto fondamentale della vicenda è “la mancanza di una disposizione specifica atta a regolare il caso in esame”». Che riguardava annualità risalenti nel tempo, «rispetto alle quali il Consorzio, in assenza di una puntuale disciplina, ha applicato una metodologia tariffaria che non trova riscontro in alcun atto normativo e/o regolamentare rendendo doverosa l’azione in giudizio di Abbanoa a tutela del bene pubblico amministrato». (na.co.)



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