La Nuova Sardegna

Sassari

maxi piantagione 

Coltivavano marijuana nei guai cinque allevatori

POZZOMAGGIORE. Le piante crescevano rigogliose in tre distinti terreni – tutti bagnati dal Temo – tra Padria, Romana e Cossoine. Proprio la vicinanza del fiume rendeva l’approvvigionamento d’acqua...

14 dicembre 2019
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POZZOMAGGIORE. Le piante crescevano rigogliose in tre distinti terreni – tutti bagnati dal Temo – tra Padria, Romana e Cossoine. Proprio la vicinanza del fiume rendeva l’approvvigionamento d’acqua più semplice e lo sviluppo in altezza della piantagione molto pi veloce.

Qualcosa però non ha funzionato e sulla maxi distesa di canapa indiana hanno iniziato a indagare contemporaneamente i militari della guardia di finanza e i carabinieri. Gli uomini dell’Arma e quelli delle Fiamme Gialle hanno unito le forze e sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Sassari sono riusciti a risalire ai “coltivatori” della sostanza stupefacente.

Il blitz che ha portato agli arresti è scattato giovedì mattina, mentre il sequestro della maxi piantagione con 2554 piante era stato eseguito a settembre.

Due giorni fa sono finiti agli arresti domiciliari Giovanni Pala, 35 anni di Aidomaggiore e il coetaneo Davide Raimondo Cugusi di Pozzomaggiore, entrambi allevatori. Hanno ottenuto invece l’obbligo di dimora G.C. 73enne originario di Fonni ma da anni residente a Pozzomaggiore (padre di Davide Raimondo Cugusi), A.F.G. 30enne di Ittiri e A.F. 35enne di Mara, anche loro allevatori. Le misure cautelari sono state firmate dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Sassari Carmela Rita Serra su richiesta del titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Angelo Beccu. I cinque allevatori sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver messo a dimora le piante di canapa indiana sequestrata per la produzione di marijuana in tre distinti terreni.

Le piantagioni erano state individuate nel corso di una ricognizione dei mezzi aerei della Guardia di Finanza, ma la zona era tenuta sotto osservazione dai carabinieri di Bonorva che avevano documentato con foto e filmati l’attività illecita.

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