La Nuova Sardegna

Sassari

Detenuta sassarese di 40 anni si toglie la vita in cella a Bancali

di Gianni Bazzoni
Detenuta sassarese di 40 anni si toglie la vita in cella a Bancali

La donna è stata trovata morta nel bagno, aperta una inchiesta. A maggio sarebbe tornata in libertà

17 febbraio 2020
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SASSARI. Sniffare il gas per riempire quelle giornate lunghe e sempre uguali. In carcere succede, lo chiamano “lo sballo delle bombolette”: le hanno in dotazione i reclusi comuni e vengono utilizzate per alimentare i fornellini con i quali si prepara o si riscalda il cibo. C’era odore di gas l’altra notte nella sezione femminile del penitenziario di Bancali dove attualmente sono recluse 25 donne. L’allarme l’ha dato una della cella vicina, sentiva che oltre a quell’odore (già sentito altre volte) c’era qualcosa che non andava. Nessuno rispondeva. Ha urlato e avvertito le guardie. Quando gli agenti della polizia penitenziaria sono arrivati, si sono trovati di fronte una scena terribile: una donna sassarese di 40 anni si era tolta la vita utilizzando un lenzuolo fissato alle sbarre della finestra del bagno. Tutto in silenzio, senza un messaggio, la sua compagna non si era resa conto di nulla. Inutili purtroppo i soccorsi, i tentativi di salvarle la vita anche da parte del medico del 118. Niente, il cuore della donna non è più ripartito.

Sulla morte della donna è stata aperta una inchiesta, il corpo è stato trasferito - su disposizione dell’autorità giudiziaria - all’istituto di Patologia forense dove verranno eseguiti gli accertamenti. É stata una lunga notte quella di venerdì nel carcere di Bancali, cominciata alle 23 - appena è scattato l’allarme - e fino alle prime luci dell’alba. La notizia ha fatto subito il giro della sezione e - come capita in queste situazioni - sono scattate le valutazioni del dopo, quelle che spingono tutti a capire cosa si poteva fare prima.

La 40enne sassarese aveva un “fine pena” breve, nel senso che a maggio sarebbe tornata in libertà. Non aveva una storia carceraria importante, nel senso che in quelle “camere” di Bancali entrava e usciva per reati connessi alla droga. Una vita segnata dall’uso di sostanze stupefacenti, tante difficoltà, mille cadute e ripartenze sempre più difficili. Ogni volta la faccia sbattuta per terra, la speranza un giorno di uscire da quel tunnel dove la luce si spegne e si accende, dove tutto viaggia a forte velocità, senza tempo per fermarsi a riflettere. Chissà cosa ha pensato l’altra notte la donna, sola nel silenzio della notte. Prima il gas per cercare di dormire e provare ancora una volta a guardare avanti, poi la decisione rapida, il gesto che ha chiuso le porte della vita per sempre. In questi casi sarebbe banale dire che le responsabilità sono di tutti, ma è vero che le difficoltà non nascono solo nel luogo dove la tragedia accade. C’è tanto da capire in quel percorso di vita del quale anche chi crede di sapere tutto conosce solo poche cose. La donna sassarese non era una detenuta famosa, non era al 41 bis. Il suo nome non ha richiamato l’attenzione della politica e delle grandi firme. É così, in carcere muori con le stesse difficoltà con le quali hai vissuto fuori, rischiando la vita ogni giorno. Ma lasci un messaggio non scritto che fa tanto rumore.

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