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Sassari, dalla “fiesta” in terrazza al volontariato in chiesa: gli studenti Erasmus ora danno da mangiare ai poveri

di Luca Fiori
Sassari, dalla “fiesta” in terrazza al volontariato in chiesa: gli studenti Erasmus ora danno da mangiare ai poveri

I sedici ragazzi spagnoli hanno raccolto l’invito del parroco di Cappuccini. Padre Isidoro li ha coinvolti nella mensa: «Con loro aiutiamo gli indigenti»

04 aprile 2020
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SASSARI. «Se la gente non va in chiesa bisogna rendere Chiesa i luoghi in cui va la gente». E la gente da coinvolgere, da andare a cercare per la strada, allo stadio o dentro ai social network, per padre Isidoro – da sei anni parroco della chiesa di Cappuccini – sono soprattutto i giovani.

Facendo sue quelle parole di Papa Paolo VI, Padre Isidoro De Michele, sassarese di quasi 47 anni, un passato da guardia giurata a Porto Rotondo e una vocazione adulta, ha costruito la sua missione: una vera e propria caccia di anime nel mondo difficile ma affascinante degli adolescenti e dei giovani della città.

Sui social network, questo sacerdote che indossa saio e sandali e frequenta la curva nord della Torres o posa sorridente per le foto ricordo alle feste dei giovani del “Circolo Sassarese”, si muove con la stessa agilità di un sedicenne.

È successo così che qualche giorno fa, dopo la comunicazione dell’ateneo sassarese di sospensione del progetto Erasmus – dopo la festa in terrazza che è costata loro anche una denuncia penale – ai sedici studenti spagnoli è venuto naturale rivolgersi a lui.

Manco a dirlo, tra il sacerdote e gli studenti – rimasti ancora in città nonostante la decisione dell’ateneo di sospendere la loro mobilità – è scattata immediatamente una simpatia.

«Mi hanno cercato prima su Instagram – racconta il sacerdote – e subito dopo abbiamo creato una chat di whastapp tra di noi. Ai ragazzi che hanno chiesto il mio aiuto ho spiegato che non potevo promettere niente in merito alla decisione presa dal rettore – aggiunge padre Isidoro – ma ho chiesto a ciascuno di loro se aveva voglia di darmi una mano per realizzare una cosa importante, far ripartire il servizio mensa per i poveri che in questi giorni si era fermato per assenza di volontari».

La risposta dei sedici studenti è stata immediata e ieri a mattina i ragazzi spagnoli si sono presentati in parrocchia carichi di entusiasmo e pronti a darsi da fare.

«È stato emozionante – racconta padre Isidoro – vederli arrivare nel piazzale della chiesa con le mascherine e con lo spirito di chi vuole mettersi al servizio del prossimo». Prima di metterli a lavoro per smistare e sistemare i pacchi di generi alimentari che la parrocchia quotidianamente riceve dai parrocchiani o dai supermercati della città, padre Isidoro ha portato i giovani sulla terrazza dei locali parrocchiali per un momento di riflessione.

«Dalla terrazza della festa – spiega il sacerdote – per la quale questi sono ragazzi sono stati prima denunciati, poi espulsi dall’università e infine massacrati sui social netowrk, ho voluto portarli sulla nostra dalla quale si vede la città e il nostro campanile. Non c’è stato bisogno di dire niente – spiega padre Isidoro – ma sono convinto che per loro sia stato un nuovo punto di partenza».

Grazie all’impegno degli studenti spagnoli e alla preziosa disponibilità di Stefano Delogu, un cuoco sassarese al momento fermo a causa della chiusura forzata del ristorante in cui lavora in via Torre Tonda, il servizio per i poveri non solo potrà ripartire, ma sarà addirittura potenziato.

«Ora, grazie all’impegno di Stefano e dei sedici studenti spagnoli – spiega con gioia – il sacerdote – potremo aprire tutti i giorni, mentre prima potevamo garantire il servizio solo una volta alla settimana». Già da stamattina chi avrà necessità di un aiuto per mangiare dalle 11 a mezzogiorno potrà trovarlo bussando alla porta della chiesa di Cappuccini.

«Abbiamo sbagliato per la voglia di stare insieme – ammettono i sedici studenti – non in disprezzo alle normative vigenti, non perché arroganti o strafottenti. Vi preghiamo, guardateci oltre, guardateci dentro. L’esperienza del perdono, sia per noi una lezione per la vita, generatrice di vita».

Chissà se a questo punto anche l’ateneo – che come missione formativa entra da anni anche nelle carceri – non voglia rivedere la sua decisione e concedere a chi ha sbagliato e ha dimostrato di averlo capito la lezione, una seconda possibilità.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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