La Nuova Sardegna

Sassari

La salvezza dell’Asinara è il turismo sostenibile

Gavino Masia
La salvezza dell’Asinara è il turismo sostenibile

Un team di ricercatori ha monitorato le undici spiagge più importanti dell’isola. Vittorio Gazale: «Bastano anche pochi bagnanti per rovinare un ecosistema»

17 aprile 2020
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PORTO TORRES. Fare il bagno nelle splendide cale dell’Asinara può compromettere oltre un migliaio di microrganismi presenti nella sabbia. Sono i risultati di un’innovativa ricerca scientifica svolta nell’Area marina protetta dell’isola da un gruppo di studiosi di diverse università europee – che ha portato all’identificazione di 80 nuove specie sconosciute – e ora pubblicati nella rivista scientifica statunitense Communication Biology del prestigioso gruppo “Nature”. Una ricerca rilevante a livello internazionale, a cui hanno partecipato le università di Hasselt in Belgio, di Mosca e Stoccolma.

Un team di ricercatori coordinato dall’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr di Pallanza e con il supporto dei tecnici del Parco e dell’Università di Sassari. Il lavoro riguarda l’analisi delle undici spiagge più importanti dell’Asinara, che presentano una lunghezza del litorale superiore a 10 metri. Tutti gli arenili variano per numero di presenze turistiche e nello studio sono state incluse anche quelle di Cala Sant’Andrea e Cala d’Arena che sono sottoposte ad un regime di tutela integrale.

L’obiettivo della ricerca era valutare il disturbo causato dal calpestio delle presenze turistiche attraverso l’analisi degli organismi della fauna interstiziale, ed è stato analizzato il Dna di tutti gli organismi campionati, l’analisi granulometrica del sedimento e l’identificazione morfologica della meiofauna. Quest’ultima è una frazione della fauna presente nel sedimento sabbioso e la sua componente “a corpo molle” è particolarmente soggetta all’azione meccanica del calpestio dei bagnanti.

Sono state effettuate 460mila letture di Dna, corrispondenti a 1069 organismi unicellulari e della meiofauna, e l’analisi dei risultati ha permesso di evidenziare che la sabbia delle spiagge, apparentemente sterile, ospita in realtà una sorprendente diversità faunistica costituita da una miriade di microscopici animali, la cui esistenza è strettamente legata al numero di bagnanti che frequentano la spiaggia.

«La ricerca ha dimostrato come anche bassi livelli di intensità di presenza di bagnanti – spiega il direttore del Parco nazionale dell’Asinara e coautore dello studio, Vittorio Gazale – come quelli presenti nell’isola, dove il flusso turistico è controllato e orientato ad una tipologia di turismo rispettoso dell’ambiente, possono produrre una perdita di biodiversità: la scelta di tenere alcune spiagge chiuse al pubblico è fondamentale anche per capire il funzionamento di ecosistemi delicati come quelli costieri e l’elevato numero di specie nuove per la scienza ritrovate rappresenta un ulteriore riconoscimento al valore dell’Asinara in termini di conservazione del patrimonio naturale».

Per il professor Marco Curini Galletti, dell’Università di Sassari, studi come questo, in cui la ricerca di base viene applicata a sostegno delle decisioni politiche in campo ambientale, «sono essenziali per fornire le basi di una corretta elaborazione di piani di gestione di parchi e aree protette volti a limitare l’impatto umano in ambiente».
 

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