La Nuova Sardegna

Sassari

Sequestrato un telefono in una cella

Sequestrato un telefono in una cella

Attività della polizia penitenziaria a Bancali. Capece (Sappe): «Sì al body scanner»

20 maggio 2020
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SASSARI. Stavano facendo una normale perquisizione all’interno del carcere e all’improvviso all’interno della cella di un detenuto è stato ritrovato un telefono cellulare. A dare notizia dell’importante operazione di servizio è stato Antonio Cannas, delegato nazionale per la Sardegna del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe: «Registriamo con soddisfazione l’operazione di intelligence svolta dal personale di polizia penitenziaria del carcere di Bancali. Durante una perquisizione ordinaria nella terza sezione della casa circondariale, grazie alla meticolosa professionalità del personale che opera nello stesso reparto si è riusciti a rinvenire occultato in una cella in modo rudimentale e strategico un telefonino. La piaga dei telefoni cellulari di dimensioni sempre più ridotte continua a impegnare la polizia penitenziaria portandola a tenere la massima attenzione durante le operazioni di servizio». Cannas ha voluto complimentarsi con il personale del carcere di Bancali «che ha sempre dimostrato grande professionalità». Donato Capece, segretario generale del Sappe, sottolinea: «Va dato atto e lustro al personale di polizia penitenziaria in servizio a Bancali che quotidianamente, solo grazie all’esperienza e alla professionalità, riesce a reprimere e a prevenire reati d’ogni genere che si verificano all'interno degli istituti penitenziari. Questo ennesimo rinvenimento di telefoni destinati a detenuti, scoperti e sequestrati in tempo grazie all’alto livello e all’attenzione dei baschi azzurri di Bancali a cui vanno le nostre attestazioni di stima e apprezzamento, evidenzia una volta di più come sia reale e costante il serio pericolo che ci sia chi tenti di detenere illecitamente oggetti non consentiti in carcere. Nonostante nella maggior parte degli istituti penitenziari si stiano adottando misure di sicurezza basate sulla dinamicità e sulla videosorveglianza, che a nulla servono se non si prevede l’obbligo del lavoro per i detenuti, non ci sono telecamere e altri sistemi di sicurezza che possano intervenire e sostituire la professionalità della polizia penitenziaria».

Capece evidenzia infine come «quel che è accaduto a Bancali dimostra che la tensione che caratterizza le carceri, al di là di ogni buona intenzione, è costante. Le carceri sono più sicure assumendo gli agenti di polizia penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza delle carceri, come ad esempio i body scanner che potrebbero comunque aiutare molto in termini di prevenzione e contrasto circa l’introduzione di materiale illecito e non consentito nelle carceri».



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