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Non si trovano sistemazioni sgombero rinviato sei volte

SASSARI. Dei rinvii è ormai difficile tenere il conto. L’ultimo (il sesto negli ultimi anni) è datato 27 maggio, con la giunta che, a causa dell'emergenza coronavirus e della mancanza di appartamenti...

16 giugno 2020
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SASSARI. Dei rinvii è ormai difficile tenere il conto. L’ultimo (il sesto negli ultimi anni) è datato 27 maggio, con la giunta che, a causa dell'emergenza coronavirus e della mancanza di appartamenti disponibili per le famiglie rom, fa slittare al 30 settembre la chiusura della zona del campo di Piandanna occupata dalla comunità bosniaca Korakhanè, di religione musulmana. Quella più complessa e fuori controllo, dove ieri si è consumato il blitz della polizia locale.

Il Comune avrebbe dovuto far sgomberare l'area alle porte della città il 31 marzo, poi il 31 maggio. Ma si è trovato di fronte a due ostacoli. Uno, non preventivato, è la pandemia da Covid-19. Ma soprattutto il vero problema, noto quanto irrisolvibile: trovare una sistemazione adeguata alle centotrentatré persone che abitano nei prefabbricati dell'area di sosta. Da oltre un anno il Comune pubblica a intervalli più o meno trimestrali degli avvisi per trovare alloggi sfitti da assegnare a canone di mercato alle undici famiglie rom ospitate nel campo. A disposizione c'è un contributo di 545mila euro erogato dalla Regione. Finora gli avvisi erano stati puntualmente snobbati dai proprietari di case sassaresi, tanto che la Giunta già cinque volte era stata costretta a far slittare sgombero e bonifica del campo rom, che nei programmi iniziali avrebbe dovuto essere chiuso prima il 31 dicembre 2018, poi il 30 giugno 2019, quindi il 30 settembre, poi il 31 dicembre, poi il 31 marzo 2020, il 31 maggio e ora, con il sesto slittamento il 30 settembre.

Qualcosa a essere precisi si era, per la prima volta, mossa: il Comune aveva ricevuto le manifestazioni di interesse da due cooperative che avevano dato la loro disponibilità ad affittare un paio di appartamenti alle famiglie rom. Solo che questo non avrebbe risolto granché, per le 11 famiglie e 133 persone, con molti minori, che vivono in una vera bomba ecologica.

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