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Sassari, «Ecco come la cocaina usciva dal tribunale»

Nadia Cossu
Sassari, «Ecco come la cocaina usciva dal tribunale»

Due dipendenti del palazzo di giustizia condannati l’anno scorso a 9 e 5 anni. Gli accordi emersi nelle intercettazioni: «Stai attento, devi nasconderla bene»

24 giugno 2020
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SASSARI. «Stai attento», «non provarne», «devi arrotolarla bene» e «nasconderla bene». Raccomandazioni alle quali l’interlocutore rispondeva con precise rassicurazioni: «Ho un bel posto dove nascondere la roba» (destinata allo smercio, per gli inquirenti); «Guarda che io ne voglio almeno quel tanto che ti ho detto, poi tu fai quello che vuoi». A essere intercettati sono due dipendenti del tribunale di Sassari – Mauro Cuccuru e Danilo Martini – accusati di aver prelevato e poi smerciato diversi quantitativi di sostanza stupefacente dall’Ufficio corpi di reato del palazzo di giustizia. Per questi fatti i due sono già stati condannati in abbreviato rispettivamente a nove e cinque anni di carcere.

Nelle motivazioni della sentenza del giudice Carmela Rita Serra, depositate alcuni giorni fa, viene ricostruito il legame tra i due dipendenti e una rete di pregiudicati e spacciatori sassaresi (anche loro finiti poi a processo). Settantadue pagine nelle quali il giudice ripercorre le tappe che hanno portato Cuccuru e Martini a impossessarsi della droga, panetti e ovuli prevalentemente di cocaina. E traccia, la Serra, anche i percorsi fatti dagli imputati tra scale e porte del palazzo di giustizia che avevano consentito, in particolare a Cuccuru, di portare via dall’ufficio per cui lavorava non solo la sostanza stupefacente destinata alla distruzione ma anche altri oggetti che venivano sequestrati dagli investigatori durante le varie inchieste giudiziarie: coltelli, occhiali, capi di abbigliamento, bilancini.

Tutto era partito il 7 luglio del 2016 quando i carabinieri del nucleo investigativo di Sassari erano andati nell’Ufficio corpi di reato per ritirare un plico contenente cocaina. I militari dovevano eseguire un provvedimento dell’autorità giudiziaria che aveva disposto la distruzione della droga. Ma, nonostante una ricerca accurata, del pacco non c’era traccia. Era sparito nel nulla. Dopo una serie di indagini si era scoperto che due dipendenti del tribunale avevano uno la disponibilità delle chiavi dell’ufficio e un altro la possibilità di girare comunque nel palazzo di via Roma in quanto autista della Procura. Entrambi avevano oltretutto frequentazioni con un pregiudicato sassarese, gestore di un circolo privato a Predda Niedda.

Le intercettazioni, telefoniche e ambientali, i vari pedinamenti e le perquisizioni avevano fatto il resto. I due dipendenti erano stati arrestati, il cerchio si era poi allargato fino a ricostruire una rete di acquirenti e spacciatori e tutti erano stati rinviati a giudizio.

Il giudice ricorda nelle motivazioni come Cuccuru il 27 febbraio del 2017 fosse stato ripreso dalle telecamere installate nel deposito dell’Ufficio corpi di reato «mentre maneggiava una bomboletta spray e spruzzava del liquido verso gli angoli dello stipite della porta, per poi chiudersi all’interno, prelevare un pacco, armeggiare con del nastro, quindi riporre il pacco al suo posto (...)». Era stata poi ripresa l’uscita dal tribunale fino a raggiungere la propria auto e armeggiare nel cofano. I carabinieri la sera stessa erano entrati nell’Ufficio e avevano appurato che il pacco maneggiato da Cuccuru conteneva 10.500 grammi di cocaina. Il giorno dopo era stata registrata una conversazione con il collega Martini al quale Cuccuru aveva confidato di trovarsi in gravi difficoltà economiche. In quell’occasione avevano raggiunto un bar di Caniga e avevano incontrato una terza persona. Le intercettazioni avevano documentato le operazioni di pesatura della droga. Una collaborazione costata cara ai due dipendenti del tribunale chiamati a rispondere di peculato e di truffa ai danni dello Stato (per l’assenteismo dal posto di lavoro).

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