La Nuova Sardegna

Sassari

«Non è Vincenzo Unali l’uomo che ha ucciso Ara»

«Non è Vincenzo Unali l’uomo che ha ucciso Ara»

Omicidio di Ittireddu: ieri la parola all’avvocato difensore Pietro Diaz Il pubblico ministero aveva chiesto per l’allevatore la condanna all’ergastolo

14 luglio 2020
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ITTIREDDU. «Vincenzo Unali non ha sparato contro Alessio Ara e la prova dello stub non ha stabilito con assoluta certezza che sui pantaloni dell’imputato sia stata trovata della polvere da sparo».

È iniziata ieri mattina in corte d’assise l’arringa dell’avvocato Pietro Diaz, difensore dell’unico imputato per la morte dell’allevatore ucciso con una fucilata a Ittireddu il 15 dicembre del 2016. Secondo la difesa mancherebbero dunque le prove per condannare all’ergastolo Vincenzo Unali, l’allevatore di Mores ritenuto dall’accusa il responsabile dell’omicidio.

La scorsa udienza il pubblico ministero Giovanni Porcheddu aveva chiesto ai giudici di condannare Unali al massimo della pena. Ma per l’avvocato Diaz mancherebbe la prova che inchioderebbe l’imputato. L’arringa del difensore proseguirà lunedì prossimo.

Unali si è sempre dichiarato innocente, ma secondo la tesi sostenuta dall’accusa, avrebbe ammazzato Ara per via di una relazione con una delle sue figlie, già legata sentimentalmente a un altro uomo con cui la famiglia dell’imputato era in affari. Alessio Ara fu ammazzato poco dopo le 19 del 15 dicembre 2016, con due fucilate mentre entrava a casa della madre a Ittireddu. Alcuni elementi, tra cui il Dna dell’imputato rinvenuto nel pantalone di una tuta che sarebbe stato utilizzato dall’assassino per coprire il fucile, avevano portato gli inquirenti a ritenere che il responsabile dell’omicidio fosse proprio Unali.

A fornirgli un alibi era stata la moglie Lucia Cossu. Ma alcune intercettazioni ambientali smentirebbero questa ricostruzione. E su questi elementi si è basata la ricostruzione da parte dell’accusa che aveva concluso con la richiesta della condanna all’ergastolo.

Secondo il pubblico ministero Giovanni Porcheddu la sera del 16 dicembre di quattro anni fa il killer si era nascosto vicino a casa di Ara e aveva aspettato che la vittima rientrasse a casa. Quindi gli aveva sparato con un fucile caricato a pallettoni ed era scappato a piedi. Alessio Ara aveva urlato e quando l’anziana madre aveva aperto il portone si era trovata il proprio figlio disteso a terra in un lago di sangue.

La donna si è costituita parte civile con gli avvocati Luigi Esposito e Ivan Golme che la scorsa udienza si sono associati alle richiesta di condanna del pubblico ministero. (l.f.)

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