La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, finge di essere il proprietario del San Carlo e lo dà in affitto: condannato

di Nadia Cossu
Sassari, finge di essere il proprietario del San Carlo e lo dà in affitto: condannato

La truffa sullo storico bar tra piazza d’Italia e piazza Castello

24 luglio 2020
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SASSARI. Aveva intenzione di ingrandire la sua attività, trovare un locale più spazioso e trasferire quindi la già avviata gioielleria. Avendo saputo che il Caffè San Carlo sotto i portici Crispo (tra piazza d’Italia e piazza Castello) era libero, aveva contattato attraverso un’agenzia immobiliare il proprietario. O meglio: quello che lui credeva fosse il proprietario. Perché in realtà la persona con la quale Salvatore Maninchedda, legale rappresentante della gioielleria Laccu, stipulò il contratto di locazione – tale Paolo Loi – consegnandogli poco meno di novemila euro all’atto della sottoscrizione, non era il padrone dell’immobile. E quando il raggiro è venuto a galla è partita la denuncia: Loi è stato prima rinviato a giudizio per truffa e sostituzione di persona, poi processato e, pochi giorni fa, condannato a quattro mesi di reclusione, oltre al pagamento di una provvisionale di 11mila euro a favore della parte civile rappresentata dagli avvocati Antonio Secci e Salvatore Dettori. L’imputato era invece assistito dall’avvocato Paola Milia.

I fatti risalgono a settembre del 2012. Nella denuncia presentata in Procura, Maninchedda aveva spiegato che, una volta saputo dall’agenzia immobiliare che il proprietario del bar San Carlo era il signor Loi lo aveva contattato e incontrato più volte. Il 12 settembre di quell’anno, proprio in agenzia, ci fu la stipula del contratto che in sintesi prevedeva una durata di sei anni, un canone di locazione di 39.600 euro e a partire dal settimo anno di 60mila euro. Quel giorno Maninchedda versò 4mila euro oltre a un assegno di 2mila e altri tre dell’importo di 2867 euro (poi recuperati). Loi, come raccontò sempre il legale rappresentante della gioielleria nella denuncia, si impegnò a svuotare il locale degli arredi ancora presenti in quanto all’epoca ancora adibito a bar. «A quel punto incaricai il mio geometra di fiducia di richiedere le autorizzazioni necessarie per iniziare i lavori di muratura per la ristrutturazione. Ma proprio in quell’occasione il geometra mi informò che l’unico legittimato a chiedere l’autorizzazione era il proprietario. Cercai di rintracciare Loi senza alcun esito. Raggiunto infine telefonicamente mi disse che lui non era proprietario del locale. Seppi solo in seguito che il vero proprietario dell’immobile non era assolutamente a conoscenza del fatto che Loi (che da aprile del 2011 non aveva più in locazione il bar) avesse affittato il locale».

Qui erano cominciati i numerosi tentativi di rintracciare l’imputato, «per cui manifestai l’intenzione di recedere il contratto». Dopo diverso tempo, finalmente l’incontro: «Espressi a Loi il mio rammarico per il fatto che mi avesse mentito e chiesi di avere indietro i soldi versati».

La vicenda è poi approdata in tribunale dove, a conclusione del processo, il giudice ha condannato l’imputato.

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