La Nuova Sardegna

Sassari

IL RACCONTO del soccorritore 

«Ho provato a salvarlo fino alla fine mi resterà sempre il rimpianto»

«Ho provato a salvarlo fino alla fine mi resterà sempre il rimpianto»

SASSARI. «Ho provato a salvarlo in tutti i modi ma non ci sono riuscito, i primi soccorsi sono arrivati dopo un quarto d’ora. Era già troppo tardi, se fossero riusciti ad arrivare prima forse ce l’avr...

25 settembre 2020
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SASSARI. «Ho provato a salvarlo in tutti i modi ma non ci sono riuscito, i primi soccorsi sono arrivati dopo un quarto d’ora. Era già troppo tardi, se fossero riusciti ad arrivare prima forse ce l’avremmo fatta». Giuseppe Fadda, imprenditore sassarese nel campo della ristorazione, mercoledì notte ha fatto di tutto per evitare la tragedia. E solo in un secondo momento, tanta era la concitazione, si è accorto che si trattava di Giovanni (come lo chiamava lui), quella persona in difficoltà che ogni giorno salutava lui e suo figlio davanti a casa.

«Era un uomo gentile che da anni viveva in un contesto difficile – racconta Giuseppe Fadda –. Abito di fronte alla fontana delle Conce, ci incrociavamo spessissimo. Gli abbiamo dato una mano tante volte, io e altri vicini di casa, per tirare avanti. Non faceva del male a nessuno, rispetto ad altri che vivono in queste situazioni non era scorbutico nè tantomeno aggressivo, salutava me, mia moglie e mio figlio. Sicuramente non meritava di morire così». Mercoledì notte Giuseppe Fadda ha parcheggiato l’auto nei pressi della fontana e non si è accorto di quanto stesse accadendo pochi metri più in là: «Pioveva a dirotto e prima di scendere ho aspettato qualche minuto dentro l’auto – dice –, poi sono sceso e ho sentito la voce di un uomo che invocava aiuto. Mi sono girato e l’ho visto annaspare dentro il vascone, a fianco c’era un altro uomo paralizzato dalla paura, forse lui avrebbe davvero potuto salvarlo. Mi sono reso subito conto che da solo non ce l’avrei fatta a salvarlo e allora ho chiamato il 113, ho detto che era una richiesta urgente perché c’era un uomo che stava annegando. Poi mi sono buttato in mezzo alla strada e ho fermato un’automobile, sono scese due persone».

Da quel momento è cominciata una lotta disperata: «Un ragazzo si è buttato nel vascone e l’ha spinto verso di me, non sono riuscito a tirarlo fuori. Mi sono buttato anche io, sono alto un metro e novanta, in qualche modo siamo riusciti a spingerlo via. In attesa dei soccorsi ho provato a rianimarlo con la respirazione bocca a bocca, non sono stato a pensare al pericolo di un contagio covid, c’era solo una vita da salvare. Ed è stato in quel momento che ho riconosciuto Giovanni. Purtroppo non avevo mai fatto una manovra di soccorso, non sono esperto. Ho provato con tutto me stesso ma niente, poi sono cominciati ad arrivare i soccorsi. Prima la polizia, poi i vigili del fuoco, quindi il 118». Ma era già tardi: «Giovanni stava dormendo, ha provato a mettersi in salvo ed è caduto dalla parte sbagliata, in quel punto la parete è troppo alta, da solo non avrebbe mai potuto scavalcarla. A me resterà sempre il rammarico di aver fatto troppo poco, nonostante tutto».(r.s.)

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