E c’è chi delinque pur di trovare riparo in una cella
Si può essere così poveri da commettere dei piccoli reati pur di trovare vitto e alloggio assicurati per l’inverno. Non è un capitolo tratto da un romanzo ottocentesco in stile Victor Hugo, e nemmeno...
29 settembre 2020
2 MINUTI DI LETTURA
Si può essere così poveri da commettere dei piccoli reati pur di trovare vitto e alloggio assicurati per l’inverno. Non è un capitolo tratto da un romanzo ottocentesco in stile Victor Hugo, e nemmeno una scena presa in prestito da qualche commovente film di Charlie Chaplin. È invece quanto ancora oggi accade a Sassari e in chissà quante altre città sarde, dove alcune persone versano in un totale stato di indigenza da non poter scontare nemmeno gli arresti domiciliari perché, appunto, un domicilio non ce l’hanno. A testimoniarlo questa inquietante situazione è don Gaetano Galia (nella foto), cappellano del carcere di Bancali, che non fatica ad ammettere che queste sono le tragedie più drammatiche a cui gli è capitato di assistere. «Purtroppo – racconta – talvolta l’estrema povertà porta anche a dover commettere dei furti per disperazione, per poter dar da mangiare qualcosa ai propri figli. Altre volte, qualcuno, caduto nella dipendenza della droga, ruba per le dosi. Ma il carcere per tutti loro è un luogo in cui la società ghettizza le nuove forme di povertà. Di fronte a tutto questo bisogna avere uno sguardo più ampio sul tema del carcere, bisogna vederlo come fase terminale dell’area del disagio, dell’esclusione
e dell’emarginazione sociale,
e farci carico noi, per primi, di capire che la funzione di un istituto di pena è di contenitore di povertà all’interno della società». (an.mass.)
e dell’emarginazione sociale,
e farci carico noi, per primi, di capire che la funzione di un istituto di pena è di contenitore di povertà all’interno della società». (an.mass.)