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Tragedia sulla Sassari-Olbia, il racconto dell'autista: «Frenai ma quell’auto mi piombò addosso»

Tragedia sulla Sassari-Olbia, il racconto dell'autista: «Frenai ma quell’auto mi piombò addosso»

Un 41enne morì in un frontale, in aula parla l’autotrasportatore a giudizio

30 ottobre 2020
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OZIERI. Un racconto drammatico quello fatto ieri mattina davanti al giudice Sergio De Luca dal conducente dell’autoarticolato che a ottobre del 2016 si schiantò frontalmente sulla Sassari-Olbia (all’altezza dell’ingresso dello scorrimento veloce dopo Mesu ’e Rios) contro una Ford Focus guidata dal 41enne di Ozieri Mario Puddu. Quest’ultimo morì in seguito ai gravissimi traumi riportati.

Una tragedia che colpì molto la comunità di Ozieri dove Puddu – sposato e padre di due figli piccoli – viveva e lavorava come macellaio. Dopo l’incidente era stato ricoverato nel reparto di Rianimazione dell’ospedale civile di Sassari ma purtroppo non era riuscito a superare la notte.

A processo, con l’accusa di omicidio stradale, è finito Giovanni Fiori, l’autista del grosso mezzo, dipendente di una ditta di trasporti. «Io ero diretto verso Olbia – ha raccontato ieri in aula rispondendo alle domande del suo avvocato Mariano Mameli – In quel punto la strada da 4 corsie diventava a due corsie e appena la imboccai mi accorsi che una Focus station wagon aveva completamente invaso la mia corsia. È stato un attimo, io ho frenato subito ma l’auto no, era troppo veloce, impossibile evitare l’impatto».

Fiori ha ricordato lo stato di choc in quei momenti drammatici. «Quando sono sceso dal mezzo ho subito messo in sicurezza la strada con i triangoli e insieme ad altri automobilisti abbiamo chiamato i soccorsi, 118, vigili del fuoco, carabinieri. L’autista della Focus respirava ancora...». Purtroppo però la situazione era molto grave e alcune ore dopo l’arrivo in ospedale il 41enne era deceduto.

In aula ieri si è provato a ricostruire la dinamica di un incidente che per l’ennesima volta aveva messo in evidenza le gravissime criticità di una strada piena di insidie. Con lunghi segmenti interamente adibiti a cantiere che, vista la mole di traffico, diventavano (e in alcuni punti purtroppo succede ancora oggi) vere e proprie trappole mortali. «Dall’alto della mia postazione di guida – ha spiegato l’autotrasportatore – ricordo di aver notato che il conducente della macchina mentre guidava era leggermente curvo verso il centro dell’abitacolo. È stato un attimo ma è un particolare che ho potuto vedere». Il processo è stato aggiornato e si va verso la sentenza. (na.co.)
 

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