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Sassari, non solo Covid: la Procura controlla tutti i reparti

di Luigi Soriga
Sassari, non solo Covid: la Procura controlla tutti i reparti

La conversione per l’emergenza rischia di compromettere le cure dei malati. I 150 pazienti di Malattie rare relegati in uno stanzino: molti ancora senza terapia

08 novembre 2020
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SASSARI. Sotto la lente della Procura non c’è solo il versante Covid, c’è tutto l’ecosistema della sanità messo a durissima prova dall’emergenza di queste settimane. Il picco dei contagi ancora non è arrivato, gli accessi al pronto soccorso stanno diventando insostenibili, ma l’intera macchina dell’assistenza sta arrancando. Perché purtroppo, quando la coperta è già corta, se togli dai reparti tradizionali per dirottare risorse nelle aree Covid, una serie di pazienti si ritroveranno senza le adeguate cure. È ciò che sta accadendo all’interno dell’Aou, ed è ciò che due giorni fa il pubblico ministero Paolo Piras è andato a verificare con un sopralluogo al Santissima Annunziata. Il magistrato, assieme ai Nas, ha potuto accertare le enormi difficoltà in cui opera un pronto soccorso ingolfato dai troppi accessi, con le ambulanze che trasportano i pazienti positive ferme in coda anche sei ore prima di scaricare e ritirare i pazienti. Il fronte caldo è senz’altro quello del virus, ma dietro le trincee ci sono anche le retrovie di una sanità che resta sguarnita. E il pericolo è che molti malati, con patologie tradizionali, non riescano a ricevere un livello di cure qualitativamente adeguato per mancanza di personale e di spazi. Gli inquirenti hanno cominciato a sentire i responsabili dei vari reparti, a sondare la riorganizzazione dell’Aou, a parlare con i medici e con gli infermieri per far emergere le criticità del sistema, e infine e ad acquisire le dichiarazioni dei manager aziendali. Che qualcosa non funzioni come prima, lo si capisce dalle condizioni degli utenti del Day Hospital aperto e poi chiuso nella Palazzina di Clinica Medica, trasformata in una zona covid. Si tratta di circa 150 pazienti che eseguivano delle terapie infusive, prevalentemente a cadenza settimanale o mensile, per contenere le loro sindromi autoimmuni e patologie degenerative.

Queste persone in un primo momento si sono ritrovate alla deriva, senza più un approdo certo. Poi l’Aou ha deciso di trasferirli all’Ospedale Civile all’interno del reparto di Medicina interna. In verità la stanzetta allestita è quella dell’archivio, con due poltrone in una manciata di metri quadrati che ospitano cinque utenti per volta. Tutte con tampone eseguito e negativo, ma con distanziamento che lascia un po’ a desiderare. Nel locale non c’è un bagno disponibile, e chi ne ha bisogno deve uscire per utilizzare il servizio uomini riservato ai disabili. Ma questi sono piccoli disagi in confronto al problema più grosso: le terapie che prima si spalmavano nell’arco di un mese, ora si concentrano in una settimana. Al momento, su un bacino di utenza di 150 persone, sono state chiamate appena 36, con criteri che riguardano l’urgenza delle cure da effettuare. Ma per chi deve convivere quotidianamente con una malattia rara, la mancanza di terapie puntuali influisce drasticamente con le qualità di vita. Molti utenti, che avevano fissato gli appuntamenti al Day Hospital, non sono stati ancora contattati e la preoccupazione è tanta. E questo è solo un esempio dei sacrifici-disagi che dovranno affrontare tutti quei malati rimasti senza un reparto di riferimento. Perché, anche se la loro gestione è stata trasferita da un’altra parte, il personale e la tecnologia a loro dedicata, non sarà certamente la stessa di prima. È proprio su questo aspetto che si sta concentrando l'attenzione della Procura, ed è un modo per proteggere anche quella schiera di pazienti che in questo momento vivono sottotraccia, e che per mancanza di risorse rischiano di essere trascurati.

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