La Nuova Sardegna

Sassari

Calano i ricoveri ma non l’emergenza

di Luigi Soriga
Calano i ricoveri ma non l’emergenza

Pronto soccorso sotto pressione, il potenziamento Aou non decolla, personale positivo per i rischi di contaminazione

04 dicembre 2020
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SASSARI. I ricoveri ospedalieri calano, così come documentato dai dati Agenas, ma la pressione sull’ospedale di Sassari è sempre alta. La cartina di tornasole è come al solito il pronto soccorso: mercoledì pomeriggio 56 pazienti da gestire. 31 percorso sporco e 25 percorso pulito. I sindacati Cgil, Cisl e Uil puntano il dito sui tempi di presa in carico dei pazienti, e anche quelli di indirizzamento verso i reparti di competenza. «Ci sono pazienti – dicono i segretari territoriali – in attesa di posto letto da tre giorni, la cui permanenza in una sedia o in una barella appare quantomeno inaccettabile». Quindi se il sistema sanitario sta leggermente rifiatando, è più per merito delle restrizioni del Dpcm, che per gli anticorpi interni acquisiti in questi mesi. Gli annunciati potenziamenti, i posti letto, i nuovi comparti Covid stentano ad entrare in funzione. L'alta scuola di Economia e management dei sistemi sanitari dell'Università cattolica di Roma (Altems) ha appurato che solo l’ospedale San Francesco di Nuoro ha realmente aumentato il numero di posti letto intensivi con dotazioni tecnologiche e personale (quindi realmente e pienamente operative) mentre lo stesso non si può dire per Sassari. Le annunciate soluzioni dell'Aou per ora sono ferme al palo. A cominciare dal prefabbricato nel piazzale del pronto soccorso, che avrebbe dovuto ospitare rapidamente 14 posti sub intensivi ma a oggi non è attrezzato e soprattutto sguarnito del necessario personale. I locali della terapia intensiva cardiochirurgica (trasferita all’interno della rianimazione generale) sono stati riconvertiti a terapia intensiva Covid ma a oggi mancano i letti, buona parte dei monitoraggi e delle attrezzature e soprattutto, anche in questo caso, manca il personale. Così, i malati Covid in gravi condizioni che alcuni giorni fa l'azienda dichiarava di aver prontamente ricoverato nella terapia intensiva covid del santissima Annunziata, erano in realtà “appoggiati” nella sala emergenze adiacente alla rianimazione, locale che serve ad assicurare il trattamento delle patologie tempo dipendenti (come i traumi, gli stati di shock e via dicendo) in attesa del completamento della diagnostica. Insomma, il quadro resta invariato: si cavalca l’onda dello stato di emergenza, ma non si mettono in campo soluzioni efficaci e immediate. Il fiore all’occhiello dell’Aou sarà la nuova terapia intensiva da 30 posti che verrà ultimata a gennaio, ma fino a quella data l’ospedale dovrà stringere i denti e cercare di gestire l’emergenza con i mezzi in campo. Il pericolo di contaminazione degli ambienti ospedalieri è reale, dal momento che i percorsi pulito e sporco talvolta si intersecano, e il primo a pagarne le conseguenze è lo stesso personale sanitario: nella sola rianimazione 4 infermieri ed 1 medico sono risultati positivi, e anche gli addetti del pronto soccorso sono stati contagiati.

I problemi nascono sin dal primo accesso. Per trasferire dal locale pronto soccorso ( che rappresenta sempre la porta di ingresso dell’ospedale ) al reparto di destinazione ( sia esso geriatria/gastro Covid o oncologia Covid ) viene utilizzato un ascensore identificato per lo sporco, ma questo sbuca nel corridoio al piano dell’ala sud dove ne esiste uno speculare, che viene ancora utilizzato per il pulito e per l’accesso verso i vicini reparti , quali Ortopedia (dove si sono registrati casi di positività, sia tra pazienti che tra operatori ). I corridoi attigui vengono sanificati dagli ausiliari di reparto, ma le modalità e l’accuratezza non sono certo paragonabili a una quelli di ditta specializzata.

Altra criticità: se i pazienti positivi ospitati presso i reparti Covid del Santissima Annunziata hanno bisogno di consulenze di varia natura (da quella intensiva a quella più comune), i vari operatori si devono spostare all’interno, bardarsi, ed effettuare la visita specialistica. Magari successivamente nello stesso turno gli stessi operatori debbano valutare o ricoverare anche pazienti non Covid, con il rischio di creare contaminazioni accidentali e piccoli focolai. Se poi una consulenza ha bisogno di avvalersi di particolare apparecchiature, queste vengono fatte transitare dal settore pulito allo sporco e poi, di nuovo al pulito. Naturalmente viene effettuata la sanificazione, ma sempre da un oss con uno spray e un telo. Se poi un paziente ricoverato nei reparti convertiti in Covid del Civile avesse bisogno di essere intubato, lo prenderebbero in carico i rianimatori del civile. Una volta stabilizzato, il paziente per poter essere trasferito dovrebbe comunque attraversare il percorso pulito. Insomma, i reparti di degenza Covid e non covid nella stessa palazzina sono vicini di casa ben poco compatibili e la commistione è aumentata. Tuttavia da quando sono stati aperti, il personale del Santissima Annunziata non è mai stato sottoposto a screening.

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