La Nuova Sardegna

Sassari

Lite coi vigili, coppia a giudizio

di Nadia Cossu
Lite coi vigili, coppia a giudizio

Donna sorpresa fuori casa nel lockdown non fornì i documenti. Chiesta l’archiviazione per un ufficiale

05 dicembre 2020
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SASSARI. La polizia locale il 17 aprile scorso «adempì a un dovere» quando, durante il periodo di restrizioni del primo lockdown, fermò una donna che si trovava per strada in tuta da ginnastica senza la necessaria giustificazione. «Sono andata all’edicola», disse ai vigili. Ma l’edicola era chiusa. Ne scaturì uno scontro verbale, con lei che non voleva fornire i documenti, e poi con il marito che era sceso di casa dopo aver ricevuto la telefonata della moglie. La situazione – che venne ripresa dagli smartphone di alcuni residenti della zona – a un certo punto degenerò: prima le urla, poi un ufficiale diede una ginocchiata, il marito della donna finì a terra e, per ultimo, lei salì sull’auto della polizia locale e venne portata in comando.

La vicenda si concluse con la denuncia della coppia (per il rifiuto di fornire le generalità) e di un ufficiale della polizia locale che finì nel registro degli indagati per abuso d’ufficio, calunnia, falso ideologico e lesioni aggravate dai futili motivi.

Ma per il pubblico ministero Giovanni Porcheddu, che ha chiuso le indagini preliminari, «i mezzi di coazione utilizzati dalla polizia municipale, seppure esercitati con metodi e dinamiche grossolane, sono stati posti in essere nell’esercizio dell’adempimento di un dovere, sussistendo la necessità di vincere l’ostacolo costituito dalla condotta del marito della signora che si era energicamente opposto all’accompagnamento per l’identificazione della moglie». Secondo la Procura «la forza pubblica esercitata dagli agenti era certamente giustificata dalla necessità di vincere una condotta resistente che si era frapposta all’adempimento di un dovere».

E per questo il pm ha chiesto l’archiviazione di tutte le accuse per l’ufficiale indagato. Per contro, ha disposto la citazione diretta a giudizio dei coniugi perché «benché espressamente e reiteratamente richiestogli dagli agenti della polizia locale nell’esercizio delle loro funzioni (contestazione di una sanzione amministrativa), rifiutavano di dare indicazioni utili alla loro identificazione personale». Il pm ha chiesto l’archiviazione per la donna in riferimento al reato di resistenza a pubblico ufficiale e ha invece contestato solo al marito il favoreggiamento «perché aiutava la consorte a eludere le investigazioni della polizia locale finalizzate alla sua compiuta identificazione e all’irrogazione di una sanzione amministrativa per inosservanza dei decreti ministeriali e delle ordinanze sindacali relative all’emergenza sanitaria da coronavirus». Il processo comincerà a marzo.

Quei controlli, in sostanza, erano stati eseguiti nell’ambito di un preciso ordine di servizio per il contrasto alla diffusione del covid e in virtù di un’ordinanza sindacale che prevedeva il divieto di qualsiasi forma di attività sportiva, fisica e motoria in aree pubbliche e le passeggiate senza una specifica motivazione consentita. Quel giorno ai vigili era arrivata una segnalazione: «Una donna sta facendo da circa un’ora giri e giretti vicino a via Ugo La Malfa». Erano andati quindi a fare un accertamento e avevano fermato la signora. «A quel punto la donna – scrive il pm nella ricostruzione dei fatti basata sui video e sulle testimonianze raccolte dalla squadra mobile – si opponeva all’invito di salire sull’auto di servizio aggrappandosi a una recinzione metallica. Uno degli agenti (l’ufficiale indagato ndc) la afferrava per le braccia nel tentativo di prelevarla con la forza, ma il marito si frapponeva con il proprio corpo tra lei e gli agenti impedendo di fatto l’accompagnamento». A quel punto l’intervento “sotto accusa” dell’ufficiale che «afferrava l’uomo per il cappuccio della giacca, lo trascinava con la forza per alcuni metri separandolo fisicamente dalla donna e dalla recinzione alla quale entrambi i coniugi si erano saldamente aggrappati. L’uomo nel tentativo di resistere a tale azione perdeva l’equilibrio andando a finire a terra». Per il pm Porcheddu «sussiste il requisito della proporzione tra l’adempimento del dovere e l’offesa ricevuta. Non risulta infatti – conclude – che gli agenti abbiano usato alcun corpo contundente e la loro presunta condotta di percosse è consistita nello spintonare, scalciare una sola volta e trascinare a terra quell’uomo in modo non particolarmente violento. Una condotta giustificata dalla necessità di vincere la sua resistenza passiva». Ora la parola passa al gip.

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