La Nuova Sardegna

Sassari

«Ai giovani la genialità di Billia»

di Franco Cuccuru
«Ai giovani la genialità di Billia»

Usini in lutto per la scomparsa di Cherchi, re del cagnulari. Il sindaco: lascia un’eredità inestimabile

01 aprile 2021
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USINI. Zio Billia Cherchi se n’è andato, lontano dalle sue amate vigne e i suoi rinomati vini. Da ieri non c’è più, ma ha lasciato un vivo ricordo e un’eredità inestimabile nel settore dell’enologia. Un uomo di larghe vedute, lungimirante, un grande lavoratore, un sognatore capace di trasformare le idee in realtà.

La sua genialità l’ha portato a toccare le vette più alte dell’enologia, non solo a livello nazionale ma anche mondiale. Il nome di Usini ha avuto un’eco impressionante nel comparto vitivinicolo e tutto questo è grazie a zio Billia, pioniere dell’enologia moderna. È stato il primo a capire che occorreva fare il salto di qualità per emergere nel mercato che conta. È stato lui a riscoprire il cagnulari nei primi anni Settanta, un vitigno autoctono destinato all’estinzione, e se oggi si parla di questo prezioso vitigno lo si deve soltanto a lui.

Francesco Fiori, titolare dell’omonima vitivinicola, anche lui rinomato produttore di vini d’eccellenza parla così del zio Billia: «Descrivere la sua figura potrebbe sembrare facile visti i risultati ottenuti nella sua lunga vita imprenditoriale nel settore vitivinicolo – racconta –. La riscoperta del vitigno autoctono cagnulari, la sua vinificazione per la prima volta in purezza, con tutte le difficoltà che un’uva così selvaggia e recalcitrante creava, sono ormai note a tutti gli addetti ai lavori. La valorizzazione del vermentino come vino di estrema finezza, mentre prima veniva maltrattato e ridotto a un semplice vino bianco spesso ossidato e di non piacevole beva, è cosa risaputa».

Più difficile è invece raccontare di Billia Cherchi uomo: «Poteva sembrare uno burbero e austero, visti i tratti somatici da antico nuragico – aggiunge il nipote – la sua autorità nel dirigere il personale poteva apparire severa ma era sempre dettata da un profondo rispetto del lavoratore e collaboratore. La cosa più bella che mi ha regalato zietto Billia, noi nipoti lo chiamavamo così, come viticoltore, è aver letto per la prima volta nella mia vita, in una famosa rivista nazionale, della visita a Usini di Luigi Veronelli (giornalista ed enogastronomo di fama internazionale ndc) per assaggiare e decantare le incredibili potenzialità del cagnulari. Qualcuno rimproverava a Billia Cherchi di essere stato egoista nell’ambiente enologico del nostro territorio, cosa non vera perché quando scelse di proporsi nel mondo del vino imbottigliato, per dare un valore aggiunto alle nostre produzioni, invitò altri viticoltori a unirsi in un progetto comune, ma chi per paura, chi per ignoranza, rifiutarono e lui da visionario quale era andò avanti da solo, aprendo la strada molti anni dopo ad altri, per far sì che il nostro paese e tutto il territorio divenissero una zona vinicola apprezzata e conosciuta a livello nazionale e internazionale». Francesco Fiori conclude con un aneddoto: «Potrebbe sembrare una contraddizione ma nonostante Billia Cherchi sia considerato il patriarca del cagnulari, beveva e amava immensamente il vermentino».

«Non appena appresa la notizia della morte di zio Billia, la prima cosa che ho pensato è stata quella di un pezzo di storia usinese che va via – ha detto il sindaco Antonio Brundu –. Oltre che il pioniere del vino e del cagnulari in particolare, è colui che ha reso il vino usinese il principale attrattore turistico e culturale, funzione sulla quale facciamo tuttora confluire i percorsi di crescita e programmazione del futuro. Oggi Usini piange la dipartita di un uomo che ha segnato questa storia, passando attraverso mille difficoltà e lasciando a tutti un’eredità importante fatta di senso del lavoro, appartenenza alla comunità e mentalità imprenditoriale, al punto tale da rendere il suo nome, e il nome del paese, conosciuto ben oltre i confini regionali e nazionali. Un nome che deve essere monito e insegnamento per le giovani generazioni, perché sappiano credere sempre e investire anche nelle piccole cose».



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