La Nuova Sardegna

Sassari

Non truffò l’Argea armatore algherese assolto dal giudice

di Nadia Cossu
Non truffò l’Argea armatore algherese assolto dal giudice

Era accusato di aver percepito indebitamente fondi europei La difesa: i requisiti erano regolari e l’abbiamo dimostrato

25 luglio 2021
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SASSARI. Ingegnere e marinaio “navigato”, Fausto Troisi è riuscito a dimostrare in aula che nessuna truffa era stata da lui commessa nel 2014 ai danni di Argea Sardegna e il giudice Elena Meloni, accogliendo la richiesta dell’avvocato difensore Sebastiano Chironi lo ha assolto con “perché il fatto non sussiste”.

All’armatore di 72 anni, molto conosciuto in città, era stato contestato il reato di truffa aggravata. Secondo la guardia di finanza di Alghero (sezione operativa navale) Troisi avrebbe in sostanza chiesto e ottenuto un finanziamento europeo per il miglioramento delle condizioni di sicurezza del suo peschereccio pur non avendone i requisiti: ossia senza che, nel biennio precedente la richiesta di contributo, l’imbarcazione fosse stata impiegata per almeno 150 giorni (75 giorni ogni 12 mesi) in attività di pesca. In realtà durante il dibattimento la difesa è riuscita a dimostrare che nel computo dei giorni fosse corretto – come affermato anche dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali – calcolare anche i giorni di “armamento”, ossia quelli in cui il peschereccio si trovava all’ormeggio in porto ma “armato” con marinai a bordo per le operazioni di manutenzione e gli altri in cui, pronto a salpare, non era potuto uscire dal porto e prendere il largo a causa delle condizioni avverse del mare.

L’ingegnere era anche accusato di aver comprato con il contributo europeo, come dotazione di bordo, un ecoscandaglio del valore di duemila euro che i finanzieri avevano valutato come acquisto non ammissibile perché dal bando erano esclusi quegli strumenti che servono a incrementare la capacità di pesca dell’imbarcazione. Anche in questo caso l’avvocato Chironi nella sua arringa ha puntualizzato come «l’ecoscandaglio all’epoca in cui è stato chiesto il finanziamento era considerato uno strumento ammissibile».

E ha anche spiegato che la licenza del “Michela II” (questo il nome della barca) e le attrezzature a bordo fossero per una pesca “da posta” e non da “circuizione” a dimostrazione del fatto che l’ecoscandaglio non avrebbe potuto avere funzione diversa da quella di migliorare la sicurezza a bordo.

Durante le indagini l’imbarcazione di Troisi era stata sottoposta a sequestro, provvedimento trasformato poi in sequestro della somma di denaro equivalente a quella che gli investigatori ritenevano che l’ingegnere avesse percepito indebitamente da Argea Sardegna: quasi sedicimila euro.

Il giudice Meloni, al termine del processo, ha assolto l’armatore e ha anche disposto la restituzione di quella somma.

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