La Nuova Sardegna

Sassari

Il mondo nuragico tra cielo e terra

Il mondo nuragico tra cielo e terra

Gli edifici di culto della Sardegna antica in un convegno di archeoastronomia

12 dicembre 2021
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SASSARI. Una rete complessa e affascinante di relazioni tra cielo e terra, tra mondo ctonio e spazio uranico guidava i nuragici nella progettazione dei monumenti di culto alla fine dell’Età del Bronzo e in quella del Ferro. Le strutture cultuali erano inoltre disposte secondo una disposizione reciproca, intimamente correlata agli orientamenti astronomici. Queste e altre importanti conclusioni, frutto di studi e ricerche condotti dalla Società Astronomica Turritana (SAT) e dal Circolo Culturale Aristeo, sono state presentate nei giorni scorsi durante il decimo convegno di archeoastronomia “La misura del tempo”. Michele Forteleoni e Simonetta Castia hanno illustrato i risultati delle indagini comparative condotte da Aristeo e SAT sul santuario di Janna ‘e Pruna, a Irgoli, e consimili attestazioni di età nuragica. Insieme a Paola Basoli, hanno presentato le analisi svolte a Sos Nurattolos, ad Alà dei Sardi.

Sia Janna ‘è Pruna che Sos Nurattolos furono edificati in zone montuose e impervie, ed è probabile che soprattutto il secondo fosse abitato solo nei mesi più caldi. Janna ‘e Pruna presenta a nord un tempietto a doppio vano con apertura a sud-est, racchiuso in un temenos, e una struttura circolare. A sud si trova, invece, una grande struttura circolare affiancata da una a pianta rettangolare gradonata, e a valle la fonte nuragica di Su Notante.

«L’edificio – spiega Michele Forteleoni – rappresenta il collegamento tra il tempio e la fonte: dal suo ingresso è infatti possibile vedere la fonte nel momento in cui il sole sorge nel giorno più corto dell’anno. Questo orientamento solstiziale, e il reciproco posizionamento tra monumenti, confermano quanto già riscontrato in altri siti coevi, analoghi per impianto». Di grande interesse anche il complesso cultuale di Sos Nurattolos, studiato insieme all’archeologa Paola Basoli, responsabile delle ricerche svolte a suo tempo dalla Soprintendenza. Nel tempio di Alà dei Sardi si ripete un percorso rituale che ribadisce il rapporto di reciprocità anche astronomica tra le strutture sacre del complesso, che lega gli spazi a valenza ctonia (acqua di fonte) a quelli di riferimento uranico (acqua di cielo).

Luca Doro (Università di Sassari) ha illustrato i rilievi compiuti sulla muraglia ciclopica del complesso prenuragico di Monte Baranta, nei pressi di Olmedo, datato alla cultura di Monte Claro (metà del III millennio a.C.) e candidato a diventare patrimonio dell’umanità, mentre Flavio Carnevale e Marzia Monaco dell’Università “La Sapienza” di Roma hanno messo in luce diverse unità di misura assimilabili al cubito, riscontrate durante l’analisi archeometrica del complesso nuragico di Romanzesu, a Bitti, nel quadro delle indagini coordinate da Sat e Aristeo.



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