Sassari, cadde in una cella frigo e poi morì: datori di lavoro assolti dopo 13 anni
Giovanni Battista Carta, 54 anni, era deceduto nel reparto di Ortopedia
i Nadia Cossu
Sassari Si chiude dopo tredici lunghissimi anni il processo per omicidio colposo a carico di Francesco e Filippo Piroddi (di 38 e 72 anni, entrambi di Valledoria) finiti a giudizio in seguito alla morte di un loro dipendente, Giovanni Battista Carta, che aveva 54 anni all’epoca dei fatti.
Per entrambi (difesi dall’avvocato Tina Lunesu) il pubblico ministero Enrica Angioni aveva chiesto la condanna a un anno e otto mesi di reclusione ma ieri mattina il giudice Paolo Bulla li ha scagionati dalle accuse. Assoluzione era stata la richiesta dell’avvocato Lunesu che ha sempre sostenuto che nessuna responsabilità potevano avere i suoi assistiti sul decesso dell’operaio, in quanto l’impresa aveva da sempre garantito le dovute condizioni di sicurezza e nessun nesso di causalità poteva sussistere.
Carta lavorava per la ditta Autotrasporti dei Piroddi a Predda Niedda. Il 24 giugno del 2010 era scivolato mentre stava manovrando un carrello dentro una cella frigo e si era fratturato una gamba. Era stato ricoverato e aveva subìto un intervento chirurgico il 28 giugno.
All’apertura dell’inchiesta erano stati indagati dalla Procura anche tredici ortopedici del Santissima Annunziata, dove Carta era morto per una tromboembolia lo stesso giorno in cui doveva essere dimesso. Le loro posizioni erano poi state tutte archiviate in seguito a una perizia eseguita in sede di incidente probatorio.
Di certo fino a quel 28 giugno (giorno dell’operazione), la cartella clinica e il diario infermieristico indicavano i vari farmaci somministrati al paziente, tra i quali l’anticoagulante che serviva a prevenire un trombo. «Ma dopo l’intervento, non ci sono più annotazioni», avevano sostenuto all’epoca il pubblico ministero e il legale delle persone offese.
L’operaio sassarese quel 12 luglio del 2010 aspettava da un momento all’altro di tornare a casa, convalescente dopo l’intervento chirurgico per la riduzione della frattura. Stava per essere dimesso da Ortopedia quando era stato colpito da una tromboembolia polmonare massiva. La Procura della Repubblica aveva aperto una inchiesta per fare chiarezza sulla morte del paziente e per verificare se era stata eseguita correttamente la terapia anticoagulante.
A ottobre del 2011 i periti nominati dal gip avevano stabilito che «anche se fosse stata somministrata la profilassi anticoagulante, il rischio di morte per tromboembolia sarebbe stato del 35 per cento». Era rimasto aperto l’interrogativo sul perché non ci fosse traccia di terapia sulla cartella clinica dopo l’operazione del 28 giugno.
In ogni caso la verità fornita dai periti sull’assenza di un nesso causale tra il comportamento dei medici e la morte del 54enne aveva escluso i tredici ortopedici dal processo penale. Che era invece andato avanti per i due Piroddi. Ma ieri è stata esclusa anche la loro responsabilità con una sentenza di assoluzione con formula ampia.