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Sparatorie e spaccio nel centro storico di Sassari, viaggio nei vicoli di San Donato: «Abbiamo paura anche di giorno»

di Luca Fiori
Sparatorie e spaccio nel centro storico di Sassari, viaggio nei vicoli di San Donato: «Abbiamo paura anche di giorno»

Il racconto di una mattinata tra la gente esasperata del rione del centro storico. L’arrivo di cronisti e carabinieri crea scompiglio tra pusher e consumatori

21 ottobre 2023
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Sassari Mancano pochi minuti alle 11 del mattino, al Corso c’è una situazione di calma apparente. La notizia degli spari, i video degli inseguimenti e degli arresti del giorno prima - rimbalzati sui social e nelle chat di mezza città - in questo momento sembrano scene di un film girato altrove. Non per Rosy Lombardo, operatrice socio-sanitaria che deve raggiungere a piedi l’istituto scolastico di San Donato, per prendere servizio.

«Siete appartenenti alle forze dell’ordine in borghese?» chiede a me e al fotografo della Nuova Sardegna Ivan Nuvoli, con cui da circa un’ora stiamo girovagando tra i vicoli e le piazzette del rione, per documentare quello da anni denunciano esasperati - a proposito dello spaccio - i residenti della zona. «Potreste accompagnarmi a scuola?» ci chiede gentilmente la lavoratrice, con lo sguardo impaurito, quando scopre che siamo giornalisti e vogliamo raccontare e filmare quello che sta succedendo in questa zona della città, che da tempo sembra abbandonata a se stessa. «Ormai ho paura anche a fare questi pochi metri – ci racconta nel breve tragitto – dopo quello che è successo giovedì mattina il mio timore è aumentato. In questo punto – spiega all’angolo con via San Cristoforo – solitamente la mattina è pieno di persone poco raccomandabili, io sinceramente ho paura, spero che dopo quello che è accaduto aumentino i controlli da parte delle forze dell’ordine».

La nostra presenza e gli smartphone puntati ad altezza d’uomo per inquadrare questo budello che collega corso Vittorio Emanuele con via Lamarmora, in via San Donato sta iniziando a dare fastidio. Lo capiamo dagli sguardi che incrociamo nella via e da qualche persiana che si sposta di pochi centimetri per far spazio a chi ci sta controllando dall’alto da quando siamo arrivati. Salutata l’operatrice di San Donato sulla porta dell’istituto comprensivo, torniamo verso il Corso, dove si è appena fermata una pattuglia della sezione radiomobile dei carabinieri. Divise più macchine fotografiche creano un mix micidiale che sta creando scompiglio tra chi ha dato appuntamento agli acquirenti per la consegna della dose - sotto le finestre di queste palazzine scrostate - e per la nostra presenza deve rinviare la consegna. La certezza ce la danno alcuni tossicodipendenti in astinenza che ci passano accanto sbraitando, dopo aver ricevuto un rifiuto pochi metri più avanti, che li manda fuori di testa.

Nel più grande supermercato cittadino della droga, dove le macchine non passano e le regole da qualche anno le dettano i nigeriani, la presenza - anche solo per un’oretta di due giornalisti - e di una pattuglia dei carabinieri che si ferma per un controllo, sta mandando in tilt un ingranaggio che non si può fermare. I carabinieri si infilano nella via per tastare il polso al quartiere dopo la tensione del giorno prima, io e il fotografo proseguiamo verso porta Sant’Antonio, con addosso gli sguardi di sollievo di chi ha dovuto sopportare la nostra presenza e i nostri smartphone per troppo tempo. Davanti al “Raggio D’Oro”, storico circolo della città vecchia, tra i pochi presidi rimasti in una via che conta ormai decine di serrande abbassate e tante attività gestite da stranieri, Pietro Canu, 58 anni, membro del direttivo, accetta di raccontare quello che sta succedendo in questo angolo di città.

«Siamo aperti tutto il giorno – spiega – e qui dentro con le nostre attività cerchiamo di resistere, nonostante quello che è successo ieri e che abbiamo visto anche altre volte. La sera dopo le 21 – continua Canu – abbiamo paura e allora chiudiamo tutto e ce ne torniamo a casa. Questo è il nostro quartiere – aggiunge – dove molti di noi sono nati e continuano a vivere, però è ogni giorno più difficile sopportare questa situazione che sta diventando esplosiva. Vedere quelle scene di due giorni fa – conclude – con pistole, coltelli e inseguimenti in pieno giorno è veramente preoccupante».

A fine mattinata un’abitante del quartiere si avvicina a noi e ci racconta il suo disagio a patto che non diamo indicazioni sulle sue generalità. «Ho una figlia adolescente – spiega con rabbia e rassegnazione – la sera quando esce con le amiche devo pagare 12 euro di taxi per farla tornare a casa tranquilla in mezzo a queste strade che un tempo erano nostre e ora ci fanno paura. Vi sembra giusto?».

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