La Nuova Sardegna

Sassari

La protesta

Siccità, animali senz’acqua nella Nurra: «Autobotti o sarà una strage»

di Davide Pinna
Siccità, animali senz’acqua nella Nurra: «Autobotti o sarà una strage»

L’allarme degli allevatori convocati da Coldiretti nella borgata di La Corte

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Sassari «Servono le autobotti della protezione civile, da lunedì, o il bestiame comincerà a morire». È un grido d’allarme disperato, quello lanciato dagli allevatori della Nurra, chiamati a raccolta da Coldiretti nel salone parrocchiale della borgata di La Corte.

La regione fra Sassari, Alghero, Stintino e Porto Torres, un tempo granaio dell’isola, è oggi ridotta alla sete dalla siccità più dura che agricoltori e allevatori ricordino. «Si sono seccate anche le sorgenti secolari, quelle che ci erano state mostrate dai nostri nonni» raccontano diversi allevatori, come Mario Zidda. Che chiede un intervento immediato: «L’acqua è un bene primario, per l’uomo e per gli animali. È giusto approvvigionare con le autobotti le aziende agricole così come si fa con i villaggi turistici, quando sono senz’acqua. Dicono che il turismo è un bene primario, io credo che il vero bene primario della Sardegna sia l’allevamento». 

Al momento, le aziende stanno prendendo l’acqua a pagamento dai privati, ma anche quella risorsa si sta esaurendo e i costi stanno diventando insostenibili: «Se non arriveranno le autobotti della protezione civile, moriranno migliaia di capi di bestiame. E questo vuol dire anche l’aumento del rischio epidemie, perché gli animali morti rimangono abbandonati sul terreno». 

Una richiesta, quella delle autobotti, condivisa dal presidente di Coldiretti Nord Sardegna Antonello Fois: «La situazione va risolta in tempi brevi: quelli delle aziende, non quelli della politica. Serve acqua, subito e in tutte le forme, a cominciare dalle autobotti». Passata l’emergenza, bisognerà dedicarsi alle soluzioni strutturali: «La risorsa idrica può essere garantita a tutta l’isola – aggiunge il direttore generale dell’associazione Marco Locci -, bisogna creare gli invasi programmati da tempo e mai realizzati, le interconnessioni fra i bacini e soprattutto abbattere gli sprechi: il 50 per cento dell’acqua che esce dalle dighe si disperde prima di finire nei campi».

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