La Nuova Sardegna

Sassari

La Faradda

Candelieri magia e bellezza: Sassari è un fiume di colori

di Luca Fiori
Candelieri magia e bellezza: Sassari è un fiume di colori

l voto alla Madonna sciolto dopo mezzanotte da una città vestita a festa. La folla di turisti e sassaresi ha accompagnato la Discesa fino a Santa Maria

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Sassari Prima è silenzio. Poi, da lontano, un tamburo rompe l’aria calda del pomeriggio. Un colpo, due, tre: il cuore della città comincia a battere al suo ritmo. È il segnale. Sassari trattiene il respiro, poi esplode in un’onda di cori: «Eeeeh, oooohh», «Fallu baddà!». Le pietre del Corso sembrano vibrare, i balconi si riempiono di sguardi. Un posto in prima fila vale oro. I bambini fischiano, gli smartphone si alzano al cielo insieme alle birre fresche. La Faradda è cominciata, ora la vigilia di Ferragosto appartiene solo ai Candelieri.

Alle 18 in punto, e forse qualche istante prima, piazza Castello diventa una marea di colori. Il rullo dei Braccianti apre la discesa. Dietro di loro, uno dopo l’altro, i giganti di legno orgoglio della città: Autoferrotranvieri, Macellai, Fabbri, Piccapietre, Viandanti, Contadini, Falegnami, Ortolani, Calzolai, Sarti, Muratori e Massai. Tredici colonne che ondeggiano e danzano, in mezzo a una folla che canta, applaude, piange e ride. Il Corso non è più una strada: è un fiume che trascina tutto con sé. Succede ogni anno da secoli, ma ogni volta l’emozione è più grande. «Non avevamo mai visto nulla di simile» raccontano Anna e Massimo, turisti di Torino che si stringono la mano nel caos. «Siamo capitati qui per caso e ci siamo lasciati travolgere. Questa festa è energia pura».

Poco più avanti, due spagnoli in vacanza a Stintino riprendono la scena col cellulare: «Sembra la “Semana Santa”, ma qui c’è qualcosa di unico: la gente balla, canta, vive la tradizione in un modo che non avevamo mai visto». Intanto, i portatori diventano eroi. Spalle piegate, vene gonfie, il sudore che scivola sugli zigomi, mentre il candeliere ondeggia e sfida la gravità. Centinaia di chili sospesi come piume, perché non è il legno a guidare: è la fede. Ogni cenno del capo candeliere è legge: il cero si piega, si inclina, riparte con una spinta che sembra impossibile. La folla esplode: «Eeeeh, oooohh!». E il tamburo picchia come un cuore che non vuole fermarsi mai. Tra una sosta e l’altra, la città è una tempesta di passione: cori che rimbalzano nei vicoli, birra e Campari che scorrono nei bar fin dal mattino, dalle vestizioni nelle sedi dei Gremi. Abbracci tra vecchi amici che tornano solo per questo giorno. «Per noi è come il Capodanno – dice un sassarese trapiantato in Germania – non posso mancare per nessun motivo».

In via Canopolo, due ragazze ballano scalze tra la folla. Poi arriva il momento più atteso: l’arrivo dei Massai davanti a Palazzo di Città. Il corteo si apre tra la folla che urla, i calici tintinnano, e un boato accompagna il brindisi che vale più di mille parole: «A zent’anni!». Per Giuseppe Mascia, alla sua seconda Faradda da sindaco, è il bagno di folla più emozionante: «Non c’è nulla di paragonabile – dice con un sorriso stanco e fiero – voglio bene a questa città e la città vuole bene a noi». Intorno a lui, la giunta, le autorità, le forze dell’ordine che hanno vigilato con discrezione ma fermezza su una macchina perfetta.

Poi di nuovo tamburi, di nuovo il legno che danza verso Santa Maria di Betlem. E lì, quando la notte sembra infinita, la festa si fa preghiera. Davanti alla chiesa, il frastuono si placa e cala un silenzio che commuove. Qualcuno piange senza vergogna, qualcuno sussurra un grazie che non sentirà mai nessuno. Poi i tamburi si spengono, ma la loro eco resta, come un battito nel petto.

Perché la Faradda non è solo una processione, non è solo una festa: è il respiro di Sassari, la voce dei suoi avi che ogni anno ritorna, la promessa di un popolo. Un voto antico, per quella peste che aveva messo in ginocchio, rinnovato in ogni passo di danza. Finché ci sarà legno da far ballare, finché ci sarà cuore da far battere, il 14 agosto non sarà mai un giorno qualunque. Sarà sempre il giorno in cui Sassari si guarda allo specchio, si abbraccia e si vede bellissima.

 

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