La Nuova Sardegna

Sassari

Il racconto

«Punto da una cubomedusa, emozione più forte del dolore»

di Giovanni Bua
«Punto da una cubomedusa, emozione più forte del dolore»

Studente di scienze naturali ha incontrato la specie rara nelle acque dell'Argentiera

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Sassari Un dolore fortissimo, che ancora dura dopo qualche giorno. Ma anche una altrettanto forte emozione, per essere entrato, un po’ bruscamente, in contatto con il “terrore del Mediterraneo”: una cubomedusa, nota anche come “medusa scatola”.

Una specie capace di causare gravi ustioni con le sue nematocisti che in alcune specie, come la “vespa di mare”, possono avere esiti letali.

A raccontare la sua dolorosa scoperta Samuele Fiori, studente di Scienze Naturali all’università di Sassari e divulgatore scientifico in erba con le sue pagine social “scienzapelata”, che ha incrociato la cubomedusa durante un’escursione nelle meravigliose acque dell’Argentiera e ha avuto il sangue freddo, nonostante il forte dolore, di riprendere ma medusa, riuscendo così a individuare la specie esatta con l’auto del suo professore.

«È Carybdea marsupialis. L’unica cubomedusa presente nel Mediterraneo – racconta – è quasi impossibile vederla in acqua visto che è praticamente trasparente. Ha dei lunghi tentacoli, che che possono raggiungere i 30 centimetri, e nonostante sia meno pericolosa delle sue sorelle che prediligono le regioni tropicali, può causare ustioni significative».

Nel Mediterraneo la presenza di questa specie è ormai abbastanza comune, anche se i principali avvistamenti si registrano a largo di Siracusa, nel Golfo di Trieste, a Lignano Sabbiadoro e la laguna di Grado, «Ma sta colonizzando aree sempre più vaste – spiega Samuele –. Con l’aumento delle temperature (predilige acque calde), la pesca a strascico e la pesca intensiva che eliminano i suoi predatori naturali stanno aumentando esponenzialmente di numero. E può capitare che i venti, come il forte maestrale dei giorni scorsi, le spingano sulle coste della Sardegna, come quella dell’Argentiera dove l’ho incontrata».

Un incontro comunque raro: «Devo dire che, nonostante il dolore sia stato atroce – spiega lo studente di scienze naturali – ho subito pensato: che figata. Anche perché poco prima, sempre nella stessa spiaggia, ho visto un Ctenophoro “cintura di Venere", un organismo trasparente e gelatinoso che vive principalmente in mare aperto. Il suo corpo, così come quello di molte meduse, è costituito principalmente da acqua; presenta delle ciglia vibranti disposte a pettine, in grado di produrre particolari iridescenze. Io li chiamo discoteche ambulanti».

«Sono specie incredibili – continua il giovane –. E, nonostante la Carybdea marsupialis mi abbia fatto una brutta ustione, sono fermamente convinto che vadano rispettate e ammirate e non demonizzate. Il tratto di mare in cui le ho trovate è difficilmente raggiungibile ed è un angolo inviolato, e protetto, di paradiso, come tanti tratti della nostra bellissima Sardegna. Certo, le specie marine vanno riconosciute e trattate con rispetto, altrimenti si rischia di fargli, e di farsi, davvero del male. Ma alla fine assolvono solo il loro compito nel ciclo naturale e siamo noi che dobbiamo imparare a conviverci».

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