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Da Capo Nord a Central Park, il re delle maratone è di Usini

di Argentino Tellini
Da Capo Nord a Central Park, il re delle maratone è di Usini

Sebastiano Delogu racconta come ha cominciato, le sue 24 sfide, gli aneddoti sulla Sardegna in giro per il mondo

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Usini Correre è la sua passione e non si ferma mai. Stiamo parlando di Sebastiano Delogu, 57 anni, geometra, ex difensore dell'Usinese, quella storica del presidente Peppino Sau. La maratona è la sua specialità, ne ha corse 24: «E non intendo fermarmi» precisa.

New York, Londra, Chicago, Berlino, Sidney, Boston e Tokio sono le maratone più importanti ha partecipato. Ma lui ha corso anche a Città del Capo, Lima, a Morea in Polinesia, alle Hawaii ad Honolulu. «Queste ultime le più difficoltose per il caldo, tanto che si parte all'alba» sottolinea il maratoneta sardo che non teme le escursioni climatiche visto che si è cimentato persino nei luoghi più estremi e freddi del pianeta: a Ushuaia nella Terra del fuoco in Argentina e a Tromso, non lontano da Capo Nord in Norvegia.

«La prima gara l’ho disputata però nel 2002 a Pechino - spiega Delogu -. Ero in veste di turista, ad accompagnare un mio amico che doveva correre. Non ha potuto e ho preso il suo posto sotto falso nome. In teoria potevo correre al massimo per 15 chilometri, invece sono riuscito a concludere la gara. Ancora oggi non so come ho fatto».

Da quel momento la svolta, con gli allenamenti veri, la dieta, la preparazione mentale, i sacrifici per arrivare a disputare due maratone all'anno di media. Sempre portandosi dietro come compagna inseparabile la bandiera sarda. E tanti aneddoti. «A Ushuaia nel 2008 - spiega il maratoneta sardo - un signore mi ha seguito scattando foto per tutta la gara. Gli chiesi il motivo: "Ho visto la bandiera che porti addosso, i Quattro mori - E io vivo qui, sono sardo, di Nuoro». Sempre a Ushuaia - continua - un signore messicano riconobbe il nostro stemma e mi urlò contento “Sardegna? Gigi Riva”. Anche a Londra la stessa cosa, con un protagonista diverso: “Sei sardo? Gianfranco Zola”». Dallo scrigno del corridore saltano fuori altri ricordi, altre glorie isolane. «A Città del Capo un signore venne a salutarmi, si chiamava Antonio, era francese. “Salutami la Sardegna - mi disse -. Mia moglie insegna qua e sta traducendo un libro di Grazia Deledda”».

Sebastiano è inarrestabile. «A Lima in 42 chilometri si conoscono 8 microclimi - dice -. A New York è tutto splendido: Manhattan, Bronx, Brooklyn, Queens. Una miriade di razze, poveri e ricchi che ti incitano sino all'arrivo di Central Park. A New York ti senti davvero cittadino del mondo». Ci sono stati anche momenti difficili tristi. «Quando tutto si è fermato per il Covid, ho preso 20 kg, ricominciare è stata dura».

La vita di un maratoneta è zeppa di rinunce. «Mi alleno una volta ogni due giorni - racconta -. A tavola non sgarro quasi mai. Poco pane, carne bianca, i carboidrati giusti. Prima di allenarmi esco stanco dal lavoro, dopo l'allenamento mi sento rilassato. Correre è la mia vita - precisa -, ci vogliono cuore e ali nei piedi». «Nella maratona - prosegue Sebastiano - il momento più difficile è dal trentesimo al trentatreesimo chilometro. In quei momenti la fatica si sente e vorresti fermarti. Ma se riesci a superare questa soglia arrivi diritto al traguardo. Il mio miglior tempo? Tre ore e 25’ a Chicago, nel 2019».

Il prossimo appuntamento è per il maggio del 2026, Città del Capo: «Un'altra sfida con me stesso, mi aspettano altre dure sessioni di allenamento, ma sarò pronto. Naturalmente in compagnia della bandiera sarda, che quando corro mi fa sentire un ambasciatore della nostra terra nel mondo».

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