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Luca Pellegrini: un Giamburrasca con il pallone nel sangue

Roberto Muretto
Luca Pellegrini: un Giamburrasca con il pallone nel sangue

«Da bambino ho fatto collezione di vasi rotti e di rimproveri da mia madre I miei idoli sono Bale, Maldini e Marcelo, vorrei vincere metà dei loro trofei» 

09 novembre 2019
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CAGLIARI. Il pallone è stato da bambino il suo giocattolo preferito. Muri di casa tormentati dai suoi tiri, vasi rotti, gli strilli della mamma che lo rimproverava. Luca Pellegrini è cresciuto a pane e calcio. Una passione che lo ha portato prestissimo sui campi. Una carriera precoce con esordio in serie A a 19 anni (26 settembre 2018) e la trafila in tutte le nazionali giovanili. È di proprietà della Juventus. A Cagliari sta maturando e con la guida di Maran è pronto per fare il salto di qualità.

Che cosa ha trovato di speciale a Cagliari?

«È una bellissima città con il mare a portata di mano. Le persone sono carine, si vive in modo tranquillo e i tifosi non sono invadenti».

I compagni di squadra che l'hanno maggiormente colpita e perchè?

«Molti li conoscevo essendo stato qui sei mesi la scorsa stagione. Conoscevo da prima anche Nainggolan e Olsen. Da subito ho avuto una bella impressione nello spogliatoio, tutti noi abbiamo la cultura del lavoro».

Cosa ricorda del primo colloquio col presidente Giulini?

«Abbiamo parlato per la prima volta di persona a Milano. Sono rimasto folgorato dalla sua determinazione. dalla passione che ci mette per raggiungere gli obiettivi. È un uomo preciso, che ti trasmette tanto entusiasmo».

Sulla sua maglia c’è stampato il numero 33, ha un significato particolare?

«Il 3 quando sono arrivato era già occupato. Ho scelto quel numero per Darjio Srna, giocatore che è stato un esempio per me e per tutti i noi. Gli ho chiesto il permesso prima di poterla prendere, era contento della mia scelta».

I suoi obiettivi sono l'Europa col Cagliari e la convocazione del ct Mancini?

«Sicuramente la Nazionale maggiore sarebbe un sogno. È un mio obiettivo personale. Ma prima voglio fare il massimo col Cagliari. Non nascondo di essere ambizioso, puntare in alto sì ma sempre mantenendo i piedi per terra».

Lei è di proprietà della Juventus, si augura in futuro di tornare a Torino?

«Per ora nella mia testa c’è soltanto o il Cagliari. Il futuro non so che cosa mi riserverà e per ora non ci penso».

Ci svela qual è il segreto di questo Cagliari?

«Lo spogliatoio unito e tanto lavoro. Per tutti noi è un piacere andare agli allenamenti e trascorrere del tempo insieme. L’entusiasmo è un bene, può consentirci di fare qualcosa che lasci il segno».

Maran ha detto: Luca ora crede di più in quella che fa. Ha ragione?

«Non c’è dubbio. È grazie al mister se credo di più nelle mie potenzialità. Lui ha sempre dimostrato di sapere di calcio, sa stimolarmi, mi daà consigli preziosi, oltre a darmi fiducia. Adesso faccio cose utili per la squadra e bado al sodo».

Nella sua crescita l’allenatore quanto è stato importante?

«Si può dire che ho iniziato ora il percorso. Io seguo i suoi cinsegnamenti perchè so che così posso maturare».

I suoi idoli da ragazzino?

«Bale, quando giocava nel Tottenham. Lo guardavo e restavo ammirato dal suo modo di stare in campo. Sui social ho visto decine di video che riguardano Marcelo del Real Madrid e Paolo Maldini. Mi ispiro a loro per crescere. Sarebbe già tanto vincere la metà dei trofei che loro hanno in bacheca».

Una cosa che proprio non sopporta?

«Per i valori con cui sono cresciuto, i maleducati non mi piacciono. Sono diretto e ho rispetto delle persone. Dagli altri pretendo lo stesso».

Quando ha realizzato che il calcio poteva diventare il suo lavoro?

«E' una cosa difficile da dire. Durante l'infortunio pensavo che per me sarebbe stato tutto più complicato. Da bambino ci ho sperato, giocavo e mi allenavo per arrivare in serie A. Il sogno si è avverato».

La sua è una famiglia di sportivi?

«Mio padre Mauro ha giocato a calcio. Ai tempi di Maradona era nella Primavera del Napoli, poi è stato in quella dell'Udinese. Era un difensore centrale, che dicono potesse fare una carriera migliore».

In tv guarda calcio e...

«La televisione la guardo poco, solo partite di calcio».

Da bambino faceva la collezione di...

«Palloni e vasi rotti in casa. Ho fatto anche collezione di rimproveri da parte di mia madre. Lei Capiva la mia passione, ma qualche strillo c'è stato. Dormivo col pallone».

Un posto del cuore: un luogo, una città?

«Sicuramente a Roma la casa che ho venduto. C'era un parco dove sono cresciuto. Ci andavo per passeggiare riflettere, un posto che mi ha salvato da situazioni scomode».

Qual era la sua materia preferita a scuola?

«L’Inglese. Da piccolo ero bravo in matematica. Studiavo, volevo sempre imparare qualcosa. Diciamo che col diritto non andavo d'accordo».

Il calciatore che considera la sua bestia nera?

«Ne ho incontrati pochi, sono giovanissimo. Però Kluivert della Roma mi ha messo in difficoltà quando ci siamo incrociati nelle nazionali giovanili».

Quando non si allena come trascorre il tempo?

«La maggior parte lo dedico al riposo e alla cura del mio corpo a cui tengo molto».

Dica ciò che vuole ai tifosi rossoblù,

«Sono fantastici, non c'è stata una partita che non ci hanno fatto sentire il loro supporto. Per me è stato bello vedere queste cose. Noi li trasciniamo con i risultati, loro non ci fanno mai mancare l’incitamento».

Domenica arriva la Fiorentina e avrà un cliente scomodo come Chiesa: come si ferma Federico?

«Chiesa l'ho conosciuto bene in nazionale a settembre. Mi sono allenato con lui una decina di giorni. E' difficile capire come fermarlo, ha gamba, tecnica, buon tiro. Il mister mi darà consigli, cercherò di metterli in pratica. Non è solo lui il pericolo, la Viola è forte».



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