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Pavoletti si scalda: «Un mese e ci sono»

Pavoletti si scalda: «Un mese e ci sono»

Il centravanti del Cagliari protagonista con il giovane Kanyamuna al Job Meeting

29 gennaio 2020
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CAGLIARI. Il mondo del lavoro. Ma anche quello dei sogni da coltivare con talento e sacrifici. Leonardo Pavoletti e Abel Kanyamuna all'International Job Meeting. Storie diverse eppure profonde, suadenti, capaci di catturare gli oltre seicento giovani accorsi al padiglione Pasolini della Fiera di Cagliari.

«A Castellamare di Stabia ho dovuto cambiare marcia. Il calcio che volevo mi stava abbandonando perché la passione da sola non basta. Cercavo alibi, ero lontano da casa e dalla famiglia, l'allenatore mi faceva giocare poco. Poi, sono passato al Lanciano, siamo risaliti in B, ho segnato 16 reti. Eccomi qui».

Pavoloso scuote il cuore con semplicità e realismo. La platea applaude. «La squadra? Un calo di forma ci sta, capita in ogni stagione. Ma sono sicuro, vedendo come si allenano i miei compagni che - rimarca il centravanti - abbiamo ripreso la marcia giusta». Quindi, la buona novella: «Il ginocchio funziona, devo levarmi qualche paura mentale. Un mese, un mese e mezzo e dovrei essere con la squadra. Sono orgoglioso di poter rientrare, vedo la luce in fondo al tunnel» risponde al moderatore e giornalista Rai, Paolo Di Giannantonio.

Abel, nato in Zambia e centrocampista della Primavera di Canzi, annuisce. «Mi riconosco nelle parole di Pavoletti. Vengo da Lusaka, il calcio per me è sempre stato una passione. Qui ho capito che dopo i sacrifici le cose belle arrivano. A Cagliari e ho trovato solo gente che mi ha voluto bene. Ma il mio papà stava male, ho pensato di rinunciare ma lui mi ha detto di non mollare. A chi somiglio? Dicono a Kanté». Applausi.

Il tema: «Sfide da vincere nello sport e nella vita" della tre giorni curata dall'assessorato regionale e dall'Agenzia per il lavoro, incornicia il tutto. Pavoletti parla del Livorno dei Lucarelli ("Fortissimi, ma sono nato nell'altro club, l'Armando Picchi. Il tifo? La città è la Napoli del centro Italia"), del papà tennista ("Faremo un campo da padel"), della rete più bella ("A Firenze due anni fa, il gol salvezza, il più importante") e della Nazionale: «È la maglia che batte tutte, l'anno scorso esordio e gol, ci spero sempre. Lavoro per farmi trovare pronto per il futuro».

Mario Frongia
 

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