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«Prima l’emergenza, il basket viene dopo»

di Andrea Sini
«Prima l’emergenza, il basket viene dopo»

Gianmarco Pozzecco racconta le sue giornate lontano dal campo di gioco «Lo sport è la nostra vita ma in questo momento stare a casa è necessario»

21 marzo 2020
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SASSARI. Dal divano alla scrivania, da un libro da leggere al computer da aprire come uno scrigno dal quale tirare fuori video e dati per mantenersi aggiornato. Con il telefono sempre caldo per comunicare con i suoi ragazzi. La quarantena di Gianmarco Pozzecco non è molto differente da quella di chiunque altro. Sulla soglia del decimo giorno trascorso tra le mura di casa il coach della Dinamo parla di questa situazione complicata. «Mi manca il campo, mi manca il contatto con i miei ragazzi – dice Poz –. In generale non è una situazione semplicissima ma per il resto non è che si possa parlare di vere e proprie privazioni: sto in una casa bella e comoda, leggo, mi aggiorno, studio, guardo partite, posso guardare la tv, posso sentire i miei giocatori. Però è chiaro che la situazione all’esterno è molto seria»

Il basket forse in questo momento non è esattamente una priorità, ma che scenari immagina per il futuro? «Trovo che non abbia molto senso, allo stato attuale delle cose, concentrarsi troppo sugli sviluppi dei campionati. Il basket è importante, tutti noi viviamo di sport, ma in questo momento le priorità sono altre. C’è un’emergenza da affrontare e superare, con coscienza e con l’aiuto di tutti. Personalmente non ho vissuto molto bene i giorni di Burgos e quelli successivi. In Spagna avevo qualche linea di febbre e questo stato di salute mi condizionava. Ero preoccupato del contagio, è inutile negarlo».

In un’intervista mandata in onda ieri su Dinamo Tv, Pozzecco ha aggiunto anche alcuni particolari sulla situazione spiacevole che si è creata a Burgos. «Io odio chi nello sport cerca di accaparrarsi vantaggi in maniera scorretta. Mi è dispiaciuto il fatto che Burgos non abbia potuto giocare davanti al suo pubblico ma loro stavano davvero sottovalutando la situazione. Gara1 è stata bella, siamo andati vicini a vincerla ma loro hanno vinto in maniera meritata. Il ritorno a Burgos si è giocato in un clima completamente differente. Il loro coach, con il quale sino a quel momento avevo avuto un buon rapporto, era convinto che volessimo in qualche modo fregarli e alla fine di Gara2 mi ha fatto qualche battutina. Questo mi ha lasciato perplesso e dispiaciuto. Gli avrei voluto scrivere una mail ma gli do tempo, magari scriverà lui a me. Anche perché il tempo è stato galantuomo e ha dimostrato che il nostro allarme non era immotivato».

Poi occhi puntati sul futuro. Riprendere da dove ci si è fermati o cancellare tutto e pensare alla prossima stagione? La sua posizione è chiara: «Secondo me noi dobbiamo ragionare sulla base della peggiore ipotesi possibile, pensando a come fare a salvare le società. Credo che tutti dovranno rinunciare a qualcosa: i tifosi stanno rinunciando a vedere le partite, i giocatori e lo staff rinunceranno a qualcosa del loro stipendio, le società oltre agli incassi magari potrebbero perdere qualche sponsor. Ma nessuno deve perdere tutto. Ipotizzare una ripresa a maggio o a giugno per me non ha senso. Cosa succederebbe al primo caso di contagio? Si blocca di nuovo tutto come è successo in Giappone? Il contagio tra gli sportivi è scontato – prosegue Pozzecco –, il rischio è altissimo e nessuno lo ha mai smentito. Io dico solo che l’importante è che tutti siano tutelati, e parlo anche a tutte le persone che lavorano attorno alle squadre e permettono al sistema di funzionare. Assegnare lo scudetto alla Virtus? Il primo a non esserne contento secondo me sarebbe Djordjevic».

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