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«A pranzo con il mito nel ritiro di Soccavo»

«A pranzo con il mito nel ritiro di Soccavo»

I ricordi di Fabio Levacovich, fantasista sassarese che al tempo giocava negli Allievi del Napoli

27 novembre 2020
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SASSARI. «Vederlo da vicino in allenamento era qualcosa di incredibile, ma anche osservarlo fuori dal campo era un’esperienza stroardinaria. Sono stato fortunato ad avere avuto questa opportunità». Fabio Levacovich, sassarese, ha trascorso 4 stagioni nelle giovanili del Napoli, la prima delle quali in corrispondenza con l’ultimo anno di Maradona in azzurro.

«Abitavo con altri ragazzi nella foresteria, che era proprio al centro Paradiso, a Soccavo – ricorda l’ex fantasista, classe 1975 –. Ci allenavano, mangiavamo e dormivamo là, e quindi le frequentazioni e i contatti con i giocatori erano praticamente quotidiane. Diego per la verità si vedeva molto meno dei compagni, a volte non si allenava e quella era la stagione che finì con la squalifica. Ma quando compariva lui, era una festa».

Levacovich, che si è poi costruito una buonissima carriera a livello di serie C indossando tra le altre le maglie di Torres, Gela, Cavese e Portogruaro, durante quella stagione militava nella formazione Allievi. «Vederlo in campo era qualcosa di incredibile. Gli ho visto fare cose che gli altri giocatori non erano neppure in grado di pensare. Ricordo in particolare un gol segnato in allenamento a Giovanni Galli, con un tiro da oltre metà campo. E poi si fermava a lungo con il preparatore dei portieri, che gli metteva al centro cross tesissimi, lui stoppava di petto come se stesse calciando in porta, saliva in aria e inventava sforbiciate da stropicciarsi gli occhi. Era un alieno».

Tra i “privilegi” dei ragazzi delle giovanili, c’era anche la possibilità di fare il raccattapalle al San Paolo. «L’atmosfera era incredibile – racconta ancora Levacovich –, ho in mente una partita di Coppa Campioni in cui non avrebbe dovuto giocare, invece scese in campo e segnò due gol. Sentire ottantamila persone cantare il suo nome faceva venire i brividi».

Fuori dal campo, “D10s” non si negava a nessuno. «Regalava scarpini a chiunque glieli chiedesse ed era disponibile con tutti. Io ero un suo grande fan già prima di partire per Napoli, ma ero talmente timido che non gli ho mai chiesto un autografo o una foto. Una volta, però, nella mensa di Soccavo, arrivai un po’ in ritardo a pranzo e non trovai posto perché c’erano anche tantissimi dirigenti. Uno di loro mi disse qualcosa, Maradona era seduto a due passi: vide la scena, capì il mio imbarazzo e gli disse: “lascia che si sieda con i suoi compagni. Dai, trovagli un posto”. È un gesto piccolissimo – conclude Levacovich – , ma mi è rimasto nel cuore». (a.si.)

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