Il sogno di Nappi: la C con l’Arzachena e poi la panchina di una squadra di A
«Che bella sorpresa l’Ilvamaddalena»
Arzachena Ve lo ricordate Marco Nappi? Quel biondino che con le maglie di Brescia, Genoa, Fiorentina e Udinese, percorreva la fascia destra avanti e indietro senza fermarsi mai? Un “peperino” che ha fatto del lavoro e del sacrificio il suo cavallo di battaglia? Da due stagioni è l’allenatore dell’Arzachena, oggi prima in classifica nel campionato di serie D.
Lei sembra essersi innamorato della Sardegna.
«Conosco la Costa Smeralda, sono venuto qui in vacanza con la famiglia tante volte. Mi sono integrato subito».
Come si vive in Costa?
«È la Montecarlo della Sardegna. Qui ci sono dei posti che non trovi alle Canarie o alle Hawaii. Ma ho girato anche il sud dell’isola, stupendo. L’estate qui è divertimento la fortuna è che d'inverno c'è poco. Questo è un aspetto positivo perchè i ragazzi hanno meno distrazioni».
Ora parliamo di calcio: lei ha detto che puntate a vincere il campionato, da dove le deriva questa sicurezza?
«Non solo l’ho detto ma lo ribadisco. Perchè conosco le potenzialità dei miei ragazzi. Mi gioco il primo posto fino alla fine, anche se so che ci saranno momenti difficili».
La dirigenza condivide il suo ottimismo?
«Abbiamo un direttore sportivo, Zucchi, che mi lascia lavorare ed esprimere le mie idee. Che mi ha sempre tutelato anche quando le cose non andavano bene. Ho 26 giocatori, tutti bravi ragazzi. La loro applicazione e serietà mi hanno convinto che guido una squadra forte. Stiamo dando seguiti a un progetto cominciato la scorsa stagione. Vorrei ricordare che in quel torneo abbiamo vinto 11 volte in trasferta. Qui si lavora bene e sono tornati anche i tifosi allo stadio. Meglio di così...».
Qul è il livello di calcio della serie D?
«Onestamente, nel nostro girone sono poche le squadre che giocano a calcio. Si vedono tanti lanci lunghi per attaccare poi la seconda palla. Prevale la foga, la parte agonistica, l’aggressività. Il livello si migliora se ci sono idee e si capisce che l’azione va costruita da dietro. Mi spiego, il calcio è palla a terra. Una delle squadre che gioca bene è l’Angri».
L’Arzachena?
«Noi e spero di non apparire presuntuoso, siamo una formazione che mette la palla a terra e costruisce gioco. Ma sappiamo anche adattarci al clima da battaglia».
Oltre a voi chi sono le favorite per la promozione?
«Ce ne sono tante. Questo è un torneo equilibrato, per capirci non c’è il Giugliano della passata stagione. Casertana, Paganese e Sorrento sono state costruite per andare in C. Noi ci siamo e vorrei ricordare che l’ Arzachena tra i professionisti c’è già stata e non è mai retrocessa. Non si è iscritta per problemi societari che ora non ci sono più. A noi il club non fa mancare proprio niente».
Il ruolo delle altre sarde?
«Quest'anno ce la possono fare tutte a centrare la salvezza. La Costa Orientale è partita male ma ha nomi importanti nella rosa e si riprenderà. La sorpresa è l’Ilvamaddalena che ha cominciato alla grande. Questo mi fa piacere perchè vuol dire che il movimento è in crescita».
Ci spiega qual è il suo tipo di calcio preferito?
«Non voglio parlare di tattica. Il mio calcio è divertimento, sacrificio, riposo. Ai ragazzi rompo sempre le scatole su questo aspetto. Se vedo uno che si comporta male lo mando via. Chi è pagato deve fare il suo lavoro dando sempre il massimo».
Venerdì c’è Genoa-Cagliari, con i rossoblù sardi giò nella condizione di non poter sbagliare.
«Quando ero al Genoa ho giocato tante volte contro il Cagliari. Spesso non è andata bene per noi. Sono due squadre costruite per tornare in serie A. Il i Cagliari ha giocatori importanti e non mi spiego questa falsa partenza. Per uscire da queste situazioni il segreto è la gestione del gruppo. Perdi una partita e chi non gioca si lamenta e si creano fratture. Nel bene o nel male devi tenere squadra compatta, se non ci riesci tutto si complica.
Quando Marco Nappi allenerà in serie A?
«Ho giocato tanti anni in A e sono ben visto Nelle piazze dove sono stato. Ho miei valori e spero di realizzare il mio sono da bambino. Ci sono riuscito da giocatore, ora voglio farcela da allenatore.