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Meo Sacchetti: «Cara Dinamo dovrò provare a batterti»

di Antonello Palmas
Meo Sacchetti: «Cara Dinamo dovrò provare a batterti»

Il coach dello scudetto sarà avversario con la disperata Pesaro

05 aprile 2024
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Sassari A volte (anzi, spesso) il basket sa dispensare spicchi di perfidia. Come farà domenica prossima quando per il lunch match sulla tavolata dello scontro Dinamo-Pesaro in programma alle 12 servirà un piatto potenzialmente amaro, con Meo Sacchetti, l’uomo del Triplete, costretta a giocarsi tutto davanti al pubblico che più di tutti lo ha amato e dove ha ottenuto i successi maggiori. Solo un successo al PalaSerradimigni può consentirgli di sperare ancora nella salvezza che Sassari ha praticamente già raggiunto. Altri non avrebbero accettato interviste in un momento così delicato, come invece fa lui.

Coach, dal punto di vista personale una partita come le altre, no?

«Certo non si può pensare che sia come le altre. L’avventura di Sassari è stata una bella cosa, anche se poi è finita male. Ma col tempo ho imparato a tenermi le cose belle vissute, i posti belli che ho conosciuto, non mi faccio toccare dalle cose negative del passato ed è sempre un piacere tornare».

È rimasto legato all’isola?

«Non voglio fare classifiche, ma basti dire che ho preso una casa ad Alghero. E tra i posti di cui mi è rimasto di più oltre a Sassari c’è Asti, dove ho allenato in C2 e C1, poi Cremona. Logico che i risultati sono stati completamente diversi rispetto a Sassari, dove mi sono trovato bene e ho ottenuto dei bei successi.

A distanza di quasi 10 anni come vede quei successi? Fu qualcosa di irripetibile?

«È successo tutto molto in fretta. L’anno prima avevamo vinto la Coppa Italia e subito sono arrivati questi successi: Supercoppa, Coppa Italia e poi lo scudetto, anche in un modo rocambolesco. Si vede che era destino, Qualcuno aveva guardato giù e deciso. Non è stato facile, per lo scudetto siamo partiti da quinti e abbiamo dovuto vincere fuori casa, partite che sembravano vinte e che abbiamo perso, e viceversa. Insomma tutto il bello e il brutto della pallacanestro e noi ci teniamo il bello».

Un gruppo tutto genio e sregolatezza con alcune personalità difficili da gestire tenuto insieme quasi per miracolo.

«Sicuramente sì, ma quando arrivavano a giocare certe partite avevano dentro qualcosa di unico. Io li ho identificati molto nel simbolo dei quattro mori, e noi di mori in squadra ne avevano sette. Ricordo quando a Reggio Emilia tirarono uno schiaffo a Sosa e lì vidi subito negli occhi di tutti la trasformazione. Abbiamo ripreso una gara che sembrava ormai andata, quello schiaffo ci ha aiutato a vincerla. Lawal? Fu decisivo, non ricordo uno che abbi mai preso 20 rimbalzi in una gara e 21 nell’altra, era perfetto in una squadra che aveva facilità nel fare canestro ma aveva bisogno di chi creasse opportunità».

Domenica ritorna nel luogo del delitto, sarà sempre emozionante?

Sempre qualcosa di particolare, è un posto dove sto bene, se così non fosse stato non avrei preso la residenza. Sì, perché io sono sardo. e dei sardi ho imparato a conoscere la mentalità che prima di darti fiducia il sardo ti deve squadrare e inquadrare, e se torni dopo 10 anni è sempre come se fossi andato via il giorno prima. Una volta mi ha chiamato un vecchio tifoso che mi ha ricordato che doveva darmi una sciarpa, così ci siamo trovati ad Alghero, eppure era passato tanto tempo».

Per la Vuelle invece è una gara come le altre: le prossime deve vincerle tutte.

«Il problema è iniziare a vincerne una. Non è facile, ci siamo andati vicini a Treviso domenica, ci riproviamo. Anche perché abbiamo il dovere e la speranza, ma occorre che ci si comporti da veri professionisti. Anche perché mancano ancora cinque partite e può succedere di tutto».

Ha dovuto usare parole forti prima di Treviso e la scossa c’è stata, nonostante tutto.

«Ho il “difetto” di essere stato giocatore. So quando un mio atleta dà tutto o no. Accetto tutto ma non questo e da ex giocatore ti fa star male ancora di più. Voglio rivedere a Sassari le facce che ho visto a Treviso, di solito ».

Si è parlato dell’arrivo del centro Harrison, anzi no...

«Mi sono abituato a considerare le cose quando sono fatte. E comunque sia a Sassari non ci sarà».

Come ha visto la stagione della Dinamo?

«Ha avuto problemi all’inizio, poi si è visto qualcosa di diverso. Ma io sono molto legato a Bucchi, che a Sassari ha fatto per due anni un gran lavoro, con due semifinali. Poi può capitare che sbagli un giocatore o che qualcuno non renda. Ma posso dire solo bene di Piero. Gli ho detto: non ti devi lamentare per l’esonero, io sono stato mandato via dopo aver fatto il Triplete...»

Poi ha smussato qualche angolo con Sardara?

«Non ci sono problemi, ci siamo rivisti. Che dire? Lui è il presidente, ho imparato a conoscerlo, è il capo-padrone. Ed è bravo a tirare fuori i soldi dagli altri. In questo è veramente di alto livello».

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