Il campione Sergio Massidda: «Dopo il fallimento a Parigi sotto choc per un mese»
Il pesista di Ghilarza si racconta: «Non ero pronto a tutta quella pressione, i flash, le persone che urlavano il mio nome. Ora mi alleno per Los Angeles»
Sassari È stata una delle delusioni più cocenti della pattuglia azzurra alle Olimpiadi di Parigi. Il ghilarzese Sergio Massidda, vice campione del mondo di sollevamento pesi, tre volte campione del mondo junior, fuori dal podio nella categoria 61 chili, spodestato da chi aveva sempre battuto.
Eppure le stelle sembravano tutte a suo favore: campione europeo di slancio nel 2023, nonché argento nello strappo e nel totale, nell’ultima tappa di Coppa del mondo in Thailandia, a dicembre, aveva conquistato il pass per i Giochi qualificandosi tra i primi tre al mondo della sua categoria. L’avvicinamento ai Giochi era stato quindi perfetto, anche la dedica era pronta (a suo nonno, scomparso da poco) invece qualcosa è andato storto.
«È andato tutto storto – risponde d’istinto il campione di Ghilarza–. Nella prova di strappo ho fallito i tre tentativi a disposizione (132, 134, 134 kg) e a quel punto addio medaglia. Sono rimasto sotto choc per un mese. Sono tornato in Sardegna e ho cercato di rilassarmi: zero allenamenti, solo mare e tanto sole, con gli amici e Fabiola, la mia fidanzata. Ma non è stata una vacanza, pensavo sempre con insistenza a quella pedana, a Parigi, a quel bilanciere che non riuscivo ad alzare, alle mie gambe che non si sollevavano. Che incubi la notte».
Purtroppo a volte basta poco per destabilizzare quell’equilibrio delicato che caratterizza un atleta di alto livello. «Qualche settimana prima dei Giochi è tornato a farsi sentire un vecchio infortunio (un problema alla vertebra) e la preparazione ne ha risentito, poi ho dovuto fare una dieta ferrea per rientrare nella mia categoria, 61 chili. Ma a influenzare la mia prestazione è stata soprattutto la pressione, non ero pronto ad affrontare la pedana olimpica. Tutte quelle telecamere, tutti quei flash, il mio nome urlato in un palazzetto gremito come non avevo mai visto, i miei genitori e la mia fidanzata in tribuna, tutto troppo, la mia testa non è riuscita più a gestire il mio corpo. Io dicevo alle mie gambe cosa fare ma era come se fossi disconnesso, il corpo non mi rispondeva più».
Una delusione grandissima per la pesistica italiana, ma soprattutto per Sergio che ci aveva messo anima e cuore per conquistare le Olimpiadi, a soli 22 anni. Talmente tanto cuore che dopo la gara (finita male) è scoppiato in un pianto dirotto. «Lo avevo promesso a mio nonno, è quello che mi ha fatto più male. Per fortuna a Parigi con me c’era mia mamma anche se a volte ho dovuto consolarla io, era più dispiaciuta di me. A Parigi doveva essere una vacanza, invece...».
Ma ormai Parigi è acqua passata e di sicuro si trasformerà in una lezione preziosa per la prossima Olimpiade, Los Angeles 2028. «Devo metabolizzare quello che è successo, è ancora presto. La pedana olimpica è unica, è il sogno di ogni atleta, adesso ho capito perché».
Intanto Sergio è tornato a Roma per riprendere gli allenamenti. Con lui la sua fidanzata, Fabiola, sassarese. «Viviamo insieme, mi è stata molto vicina in questo periodo». Fabiola lo accompagnerà anche ai prossimi impegni, gli Europei Under 23 in Polonia a fine ottobre e i Mondiali assoluti in Barhain, dal 4 al 14 dicembre. «Non vedo l’ora di tornare in pedana». Los Angeles è dietro l’angolo.