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Paulo Azzi si racconta: «La famiglia e la fede sono i miei pilastri»

di Roberto Muretto
Paulo Azzi si racconta: «La famiglia e la fede sono i miei pilastri»

Il brasiliano del Cagliari a tutto campo tra calcio e vita privata: «Il primo periodo in Italia è stato difficile, ora sono felice e qui mi sento a casa»

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Cagliari Famiglia e fede sono i pilastri sui quali ha costruito il presente. Paulo Azzi è a Cagliari da quasi tre anni. È arrivato insieme a Claudio Ranieri quando i rossoblù navigavano nell'anonimato della classifica in serie B. L'esterno brasiliano (30 anni) è sposato con Elisa ed ha due figli ai quali ha dato nomi italiani: Giulia e Tommaso. Nato a San Paolo, è cresciuto a pane e pallone, nel mito della Selecao campione del mondo nel 2002. In questa intervista si apre e parla non solo di calcio e dei tanti problemi affrontati quando ha deciso di sbarcare in Italia, ma anche del suo rapporto con la fede e del valore che ha sempre dato alla famiglia.

A 30 anni, si sente al top della carriera o può ancora migliorare? «Sono maturo come calciatore e come uomo. È un buon momento, mi sento bene. So che posso ancora dare tanto. Quello che succederà in futuro non lo so ma la mia voglia di allenarmi e migliorare è rimasta intatta».

Ci racconta come è nata la passione per il calcio? «Il ricordo che ho è il Mondiale vinto dal Brasile nel 2002, ero un bambino avevo appena 8 anni. Una festa, pitturavano le strade, la gente era allegra. Quella vittoria è stata accolta con un entusiasmo incredibile da tutto il Paese che ha festeggiato per giorni e giorni. Avevo l'abitudine di giocare a pallone con gli amici per strada, cosa che adesso non succede quasi più. Ho chiesto io al mio papà di iscrivermi alla scuola e lui mi ha accontentato».

In Italia ha giocato in 11 squadre diverse e ci sono stati momenti complicati. Come li hai superati? «Sono arrivato in questo Paese a gennaio a Padova, quindi in inverno. Per prima cosa ho sofferto tantissimo il freddo perché non ero abituato. Per me è stato quasi uno choc. Fare gli allenamenti con temperature basse è stato difficile. Ho sofferto anche la solitudine. Insomma, il primo approccio non è stato positivo. Piano piano mi sono abituato, ho imparato la vostra lingua e stretto amicizie. Posso dire di aver affrontato le sfide con determinazione, senza arrendermi mai. Da quel momento la mia carriera ha svoltato. Ho portato in Italia mia moglie con l’obiettivo di costruire il nostro futuro insieme».

Quanto l'ha aiutata il suo profondo rapporto con la fede? «Faccio parte di un gruppo che si chiama Atleti di Cristo, ci incoraggiamo uno con l'altro. Ci incontriamo, parliamo tra di noi e aiutiamo i più giovani. Un momento chiave della mia carriera è stato il periodo del Covid. Io, mia moglie e miei figli chiusi in casa. Davvero un momento complicatissimo. Ho pensato di tornare in Brasile e smettere col calcio, cominciando a fare altro».

Ma non l'ha fatto. Perché? «Vivo la vita con uno scopo, credo in Dio e riesco ad affrontare tutto con forza e coraggio. C'era una voce che mi diceva: non mollare, non mollare, vai avanti. Ho fatto bene ad ascoltarla».

Il Cagliari è un punto d'arrivo? «In questo momento sono felice di essere qui. Porto i bambini a piedi a scuola, vado al supermercato sotto casa, la gente mi conosce, è cordiale. Il clima qui è ideale. Potrei anche restare in futuro». In che cosa Davide Nicola somiglia a Claudio Ranieri? «Da entrambi ho imparato a fare gruppo, il rispetto, valori importanti per entrambi. Le abitudini sono le stesse, facciamo colazione e pranzo insieme. Un modo per parlare, confrontarci, cementare il rapporto tra di noi».

Il nuovo mister cosa le sta dando? «Ha passione, voglia, è sempre carico e non molla mai. Ci trasmette intensità, vuole che in campo siamo aggressivi. Con lui devi sempre stare sul pezzo. Tutti ci sentiamo coinvolti nel progetto».

Claudio Ranieri è invece tornato ad allenare. Cosa ne pensa? «Conoscendo la sua passione per il calcio, a 73 anni ha ancora una voglia matta. Quando ho sentito che poteva andare alla Roma mi ha fatto piacere. Lui è nato nella capitale, è noto l’affetto che ha per quei colori. Sono convintissimo che farà un bel lavoro».

Essere allenato da Ranieri come è stato e cosa ha imparato? «Mi ha colpito la sicurezza in quello che fa. È un uomo che cura ogni dettaglio, da quello tecnico all’aspetto psicologico. Io sono arrivato qui insieme a lui a gennaio del 2022, il Cagliari era indietro, non era facile centrare la promozione. Lui dal primo giorno diceva: lavoreremo sodo e vedrete che alla fine raccoglieremo qualcosa di importante. Ci ha tirato su e dato entusiasmo. Ha avuto ragione e l’obiettivo è stato centrato».

Lei è un esterno, preferisce giocare alto o basso? «Gioco sia a destra che a sinistra, basso o alto, ma anche quinto della linea difensiva. Se sto bene mi metto a disposizione, so che posso essere utile alla squadra». Il pari col Milan è stata un'iniezione di autostima? «Il calcio è fatto anche di episodi. Un momento così può cambiare la stagione. L'anno scorso il pari con l’Udinese ci ha dato la carica e da quel momento le cose hanno funzionato per il verso giusto».

Un calciatore brasiliano del passato e del presente suoi idoli? «Del passato Ronaldo il fenomeno, gli ho visto fare cose pazzesche. Il punto di riferimento oggi è Neymar, giocatore che ha ancora molto da dare al calcio. Mio papà tifa Santos, ho visto emergere la sua carriera. È un campione».

Ce lo dice chi è il compagno di squadra più simpatico? «Ce ne so no tanti. Con Mina, che ha giocato in Brasile e con lui parliamo portoghese. L'ho aiutato all'inizio ad inserirsi. Yerri è solare, positivo, un giocatore che ha alzato il livello di esperienza e non si risparmia».

Ci dice anche con chi si confida nei momenti difficili? «Prima di tutto con mia moglie e mi sembra normale. Poi con amici che ho da anni. Persone che conoscono la mia storia, mi capiscono e mi stimolano e se c’è la necessità mi parlano duramente».

Oltre al calcio che cosa le interessa, per esempio ha degli hobby? «Il mio tempo è tutto dedicato alla famiglia e al calcio. Pensando a un post carriera mi vedo legato all'attività sportiva. In che modo ancora non lo so perché non ci ho pensato».

Soffre di saudade? «Soprattutto il primo periodo in Italia ne ho sofferto. È durissima stare lontano dagli affetti e dai luoghi dove sei nato. Ci pensi, ci ripensi e la nostalgia non ti fare stare bene. Ma ho superato anche questo».

Cosa le manca di più del Brasile? «L'ambiente dove sono cresciuto. Non un posto in particolare ma i rapporti con le persone, con gli amici con i quali sono cresciuto».

Italia e Brasile si assomigliano in qualcosa? «Difficile rispondere a questa domanda. Dipende dove vai. Qui a Cagliari le persone sono solari, accoglienti. Anche in Brasile lo siamo».

Una cosa che le dà fastidio? «Le persone che credono di essere migliori degli altri. Non le sopporto perché quasi quasi ti mettono in difficoltà».

Se la sente di promettere ai tifosi che vi salverete senza soffrire? «Sento che hanno fiducia in noi. Sanno che l'impegno non manca mai. Loro sono un stimolo a migliorarci. Posso promettere che in campo daremo sempre tutto». 

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