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Manuela Tesse, la regina di Malta: «Una nazionale per sognare»

di Andrea Sini
Manuela Tesse, la regina di Malta: «Una nazionale per sognare»

La sassarese ha guidato la selezione femminile di calcio in vetta al girone di Nations League: «Ora il livello sale. L’Europeo? Quasi impossibile, quindi proviamoci»

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Sassari «Da bambina giocavo a pallone per strada lungo la Buddi Buddi, unica femmina in mezzo a tanti maschi. Sono passati forse quarant’anni, ora faccio l’allenatrice e in fondo non è cambiato molto: mi sento ancora come una delle rare donne che stanno in panchina, in un mondo di soli uomini». Manuela Tesse è appena stata lanciata per aria dalle sue ragazze ma mette subito i piedi per terra. Sassarese, 49 anni, vera e propria leggenda del calcio femminile italiano, oggi è un’eroina anche come tecnico, almeno dalle parti di Malta. Come ct della nazionale femminile della piccola repubblica insulare ha vinto per la seconda volta il raggruppamento della Nations League e ora ha un sogno impossibile: portare Malta agli Europei.

Tra sogno e realtà «È un sogno nel vero senso della parola – racconta – perché incontreremo squadre fuori dalla nostra portata. Ma lo sport è fatto di sogni, di imprese impossibili e di miracoli che si avverano. Quindi perché non crederci? Io stessa ho vissuto col piede sempre sull’acceleratore, non mi sono mai voluta accontentare e ho accettato tutte le sfide. L’anno scorso abbiamo disputato una buona Nations league ma non eravamo pronte, ora speriamo di avere fatto tesoro di quell’esperienza».

L’isola nazione Poco più di mezzo milione di abitanti stretti su una superficie ridottissima. La Sardegna, per dire, è circa 100 volte più grande. Malta non vanta di certo un grande bacino dal quale il Ct di una nazionale femminile possa attingere. «In tutta l’isola ci sono circa 800 tesserate, ma la maggior parte sono giovanissime – spiega Manuela Tesse –. Diciamo che posso pescare tra una quarantina di giocatrici vere e tra queste una quindicina sono valide. Negli ultimi anni un po’ di ragazzine si sono affacciate al calcio femminile, grazie anche ai risultati che abbiamo ottenuto. È un percorso lungo, ma sono fiera di ciò che stiamo facendo».

Un ct fuoriclasse Viene da pensare che la vera top player sia la donna che siede in panchina. «Due anni e mezzo fa abbiamo intrapreso un percorso con la federazione, che mi ha dato carta bianca. Ho messo a disposizione la mia esperienza di trent’anni, le mie competenze maturate sul campo e anche nei corsi Uefa. Ho provato prima di tutto a cambiare la mentalità, l’attitudine e i metodi di allenamento. Quindi ho toccato sia l’aspetto organizzativo, legato alla macchina organizzativa, che quello puramente tecnico, che riguarda le giocatrici. Ricoprendo anche il ruolo di direttore tecnico intervengo anche sulla parte “developement” e ho voce in c apitolo anche sui campionati. Per la prima volta abbiamo tutte le nazionali, dall’Under 15 in su. E la nazionale maggiore sta crescendo. Di recente ho rinnovato il contratto per altri 4 anni. Insomma, non posso dire che non mi stiano mettendo nelle condizioni di lavorare bene».

Tra campo e scrivania Esperienza, capacità, studio, applicazione. Un tecnico di questo livello non si inventa. Manuela Tesse, quasi 100 presenze in nazionale, quattro scudetti vinti con Torres, Verona e Modena, da allenatrice ha conseguito tutti i patentini, licenza Uefa Pro compresa, ed è anche uno dei soli quattro tecnici italiani (gli altri 3 sono uomini) ad avere conseguito le massime abilitazioni della Scuola allenatori federale sia per quanto riguarda il calcio che il futsal. «Ho investito su me stessa anche senza avere un futuro garantito. L’ho fatto per passione e perché mi piace far bene le cose. Ma attualmente le donne in panchina sono pochissime. In serie A c’è una donna solo al Milan, ed è straniera. E se penso ad altri sport importanti, non è che la situazione sia migliore. Ancora la cultura non è cambiata e con l’avvento del professionismo sono arrivati anche direttori sportivi che provengono dal maschile, con scarsa o nessuna conoscenza di allenatrici donne. C’è ancora pregiudizio, si preferisce puntare su un uomo. Eppure l’esperienza e la conoscenza dello spogliatoio femminile, che ha dinamiche completamente differenti da quello maschile, sono un valore aggiunto enorme. Allenare gli uomini? Mi piacerebbe molto, ho allenato gli under del Latte Dolce ma accetterei una sfida anche nel calcio minore, con una prima squadra».

Cuore rossoblù «C’è un posto dove mi sono formata come persona e come sportiva – dice Manuela Tesse – ed è l’ambiente della Torres femminile. Eravamo ragazzine che giocavano per strada, sognavamo una squadra. Io sono arrivata al campo dopo aver letto sulla Nuova Sardegna che era in programma una leva femminile. Ho trovato persone straordinarie e se penso al percorso fatto da tante mie compagne, che oggi allenano o sono comunque nell’ambiente, mi viene in mente che già da allora c’era uno spessore. Abbiamo vinto uno scudetto incredibile nel 1994, perché è vero che c’erano Brenzan, Morace, Parejo e Bavagnoli, ma la squadra era formata dalle stesse ragazzine di Sassari che sino a pochi anni prima, come me, giocavano per strada e poi si sono fatte le ossa in C e in B». È quello il traguardo più bello raggiunto? Manuela sospira: «No, il più bello è lo scudetto vinto da allenatrice della Torres nel 2013. Quando giochi pensi a giocare e basta, quando alleni hai sulle spalle tutte le responsabilità. E io ormai da un po’ di anni ho la testa del tecnico».

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