Giuseppe Mastinu: «Impegno e passione per una Torres competitiva»
ll nuovo capitano dei rossoblù: «Abbiamo voltato pagina, saremo un’outsider ambiziosa»
Sassari Quando ha il pallone tra i piedi, la sensazione è che possa sempre inventare qualcosa. Giuseppe Mastinu è fantasia, genio, qualche volta sregolatezza, ma soprattutto è un calciatore non più di primo pelo (34 anni) ma con lo stesso entusiasmo di quando ha cominciato. Sacrificio, lavoro quotidiano, serietà e scelte oculate, gli hanno consentito di scalare le gerarchie del pallone, fino alla Serie A.
Tre stagioni fa la scelta di fare ritorno a Sassari, la sua città, da dove è partito giovanissimo con una valigia piena di sogni, molti dei quali li ha realizzati. Il progetto Torres lo ha convinto a scendere di categoria per dare il suo contributo alla crescita di una società che dopo aver vissuto anni sull’orlo del baratro, sta ricostruendo dalle fondamenta un club con una lunga storia, fatta di alti e bassi e anche di fallimenti.
Giuseppe è carico, si allena con una determinazione che i più giovani ammirano e di conseguenza è un esempio per loro. Sanno che dal fantasista hanno tanto da imparare: non è uno di quei calciatori chiusi, che si tengono tutto per loro e non vogliono insegnare nulla agli altri. Al contrario, è prodigo di consigli, il primo ad aiutare un compagno in difficoltà. Un sognatore-realista, pronto per un’altra stagione da vivere, possibilmente, in vetrina. E da capitano.
Le sue impressioni dopo la prima parte della preparazione?
«Sono ottime. Percepisco unità di intenti, la disponibilità del gruppo e del mister per conoscere le caratteristiche dei singoli. Devo dire che l’allenatore già sapeva molto di ognuno di noi. Lavoriamo bene, siamo in sintonia. I presupposti sono incoraggianti».
Cosa è cambiato rispetto alle gestione di Alfonso Greco?
«Ogni allenatore ha i suoi metodi. Pazienza ha richieste diverse rispetto a chi lo ha preceduto. La squadra le sta mettendo in pratica. Proviamo tante situazioni tattiche differenti. Diciamo che con il mister ci stiamo conoscendo».
La Torres è stata ringiovanita e i nuovi arrivati scalpitano. Ci sarà da lottare per il posto da titolare?
«L’esperienza maturata negli anni mi ha insegnato che la concorrenza non fa mai male. Anzi, è uno stimolo a dare sempre il massimo. Il giovane vuole imparare, se è intelligente si impegna per rubare i segreti del mestiere. Normale che i più giovani abbiano enfasi, tanta voglia e in un certo senso sono più spregiudicati. Noi esperti abbiamo il dovere ma devo dire anche il piacere, di farli integrare nel miglior modo possibile. Se i ragazzi sono bravi non possiamo che essere contenti, perché così sale il livello di competitività».
Lei è reduce da una stagione positiva, ritiene di poter dare di più?
«Da quando gioco a calcio ho capito che per migliorarmi devo lavorare bene e con grande intensità. Non sono tornato nella mia città qualche anno fa per adagiarmi, ma con lo spirito di contribuire a portare in alto la Torres. Da sassarese sento la responsabilità di dover fare meglio. La dirigenza mi ha dato fiducia, facendomi sentire un calciatore importante. Giusto ripagarla. Come? Giocando grandi partite e possibilmente vincendole».
«C’è una logica richiesta di attaccamento alla maglia, ai colori rossoblù. Esigenti non lo so, però questo aspetto può valutarlo meglio di me chi c’è da più tempo e conosce la città e la tifoseria. Però anche chi non è sardo sente la voglia di dimostrare che ha capito cosa vuole dire senso di appartenenza».
Attaccamento alla maglia, identità, ma sono valori davvero così importanti? «Si percepiscono subito e ognuno di noi li manifesta in maniera diversa. Dobbiamo essere bravi a trasmetterlo ai nuovi arrivati, fargli capire il valore di indossare la maglia rossoblù. Non sono parole retoriche ma quello che noi calciatori percepiamo».
Dopo un secondo e un terzo posto e le delusioni ai playoff, qual è adesso l’obiettivo?
«Rispondo dicendo che in questi anni la squadra è cresciuta in modo costante. Ma non ci accontentiamo. D’altronde nello sport devi sempre pensare di fare meglio e quello che hai fatto prima non conta più. In sintesi, si volta pagina e si va avanti. Con entusiasmo».
Sarete ancora nel girone B, che idea si è fatto delle squadre che incontrerete? «Il mercato è aperto, dare giudizi a desso è prematuro. Diciamo che i conti si potranno fare a fine agosto. La serie C è un campionato imprevedibile, però posso dire che sarà un girone sulla falsariga dei precedenti, con squadre blasonate che stanno spendendo cifre importanti per puntare alla B».
Il ruolo della Torres quale sarà?
«Come tutti gli anni noi partiamo come outsider».
Non le sembra un po’ poco dopo un secondo e un terzo posto?
«No, proveremo a dare fastidio, credo che un po’ di credibilità ce la siamo conquistata. E anche giusto mantenere la linea standard della società, che è quella di fare un passo alla volta e nessun volo pindarico. Se riusciremo a stare in alto bene e il merito non sarà solo nostro».
Definisca il tecnico Michele Pazienza con tre parole.
«Diretto, esigente e preparato».
Sul suo ruolo si è spesso aperto un dibattito, centrocampista, trequartista: a lei la parola per spiegare meglio.
«Sto provando sia a centrocampo che dietro le punte ma non c’è nulla di definitivo. Posso dire che la mia disponibilità è massima. Col mister lavoriamo insieme da un paio di settimane, lui sta studiando tutti e mi farà giocare dove riterrà che possa essere più utile alla squadra. Io mi adeguo».