Emanuele Rotondo dice 50: «E ora mi diverto ad allenare le ragazze»
Compleanno speciale per la bandiera della Dinamo, che non si è mai allontanata dal mondo della pallacanestro
Sassari «Le ragazzine che alleno non mi hanno mai visto giocare. Quello che inizia a preoccuparmi però è che anche qualche genitore inizia a essere troppo giovane per avermi visto in campo con la maglia della Dinamo».
Emanuele Rotondo fa girare sull’indice la palla a spicchi, sorride e spegne le candeline. Per i suoi primi cinquant’anni, il leggendario cecchino sassarese si è regalato un piccolo rinfresco con i colleghi in ufficio, poi ha indossato la tuta verde e ha trascorso il pomeriggio nel suo habitat naturale. Non fa più canestro dal 2011 ma la sua vita continua a ruotare attorno al basket: come appassionato e tifoso della Dinamo, come genitore, come allenatore di una squadra femminile.
«È un traguardo importante – dice Rotondo, che con oltre 6mila punti realizzati in 16 stagioni è il miglior marcatore biancoblù di tutti i tempi – e sono felice di festeggiarlo in campo. Anzi, a bordo campo, perché non gioco da una vita ma ora mi diverto da matti allenare. Mi piace avere a che fare con i giovani, anche sentire il loro affetto e la passione dei genitori mi fa stare molto bene. E poi ormai ho seguito diverse generazioni di ragazzini. Basti pensare che ho allenato i ’99, che ormai sono uomini, e al minibasket ho avuto Trucchetti, Casu, Dore, che ora stanno iniziando a togliersi belle soddisfazioni a buonissimi livelli».
Da qualche anno lo storico numero 12 del Banco è passato al settore femminile. «Mi piace fare qualsiasi cosa in palestra, ma mi mancava un’esperienza nel mondo femminile. Così da qualche anno sono entrato in quell’universo con la Dinamo 2000, società per la quale alleno le 2010 e ’11. Mi piace molto: se riesci a trovare il codice di comunicazione giusto, le ragazze danno più dei maschietti. Ma il mio impegno è anche con la Scuola Basket, che ho fondato e seguo insieme a Nicola Bonsignori».
Il fatto di essere stato un giocatore di alto livello aiuta? «Quando sei un giocatore pensi di sapere tutto perché in campo hai vissuto qualsiasi cosa. Ma non basta – assicura Rotondo –. Come coach impari ogni giorno, non puoi porti dal punto di vista di ciò che facevi in campo. Da giocatore ho captato e assorbito tutto, ma l’esperienza da allenatore ti porta ogni giorno a imparare qualcosa, soprattutto a rapportarti con i giovani. Ho idee nelle quali credo molto, ma bisogna essere anche in grado di mettersi in discussione».
L’Emanuele Rotondo che a poco più di vent’anni in A2 schiacciava a difesa schierata e piazzava serate da 30 punti una dopo l’altra oggi dove giocherebbe? «Penso a buon livello, ma non saprei dire dove. Il basket è cambiato molto, ma forse da un certo punto di vista ero un giocatore abbastanza moderno. La buttavo molto sul lato fisico, avevo la fortuna di avere delle gambe molto buone, correvo, giocavo d’istinto. Poi col tempo mi hanno insegnato a ragionare, ho dovuto imparare a mettere qualche strumento tecnico in più nel mio bagaglio, come usare meglio la sinistra, fare canestro da fuori. Difendere? A me piaceva soprattutto fare canestro, ma a forza di “cazziate” e giri in panchina mi sono dovuto adattare».
Qualche rimpianto? «No, assolutamente. In rapporto alle scelte fatte e ai tempi ho fatto il massimo possibile, e ho fatto tutto col massimo del cuore e la consapevolezza. Come la scelta di restare a Sassari anziché andare in A1. Ho dato sempre tutto, ho vissuto un’epoca di basket meraviglioso anche in A2, con giocatori stranieri spaziali e italiani straordinari e ho fatto parte di gruppi che hanno dato veramente l’anima per ottenere risultati che sembravano impensabili. Ho iniziato con i pantaloncini strettissimi e ho finito che arrivavano sotto il ginocchio. La promozione dalla B1 contro Trapani, le semifinali playoff con Livorno, i 5 supplementari contro Trieste per me sono come aver vinto l’Eurolega».
Segue ancora la Dinamo? «Sempre, e vado al palazzetto tutte le volte che posso. Ci ho giocato abbastanza da restare legato per sempre».
