La Nuova Sardegna

«La felicità insidiata da Facebook e Twitter»

di Daniela Paba

La lectio magistralis di Zygmunt Bauman: «I social media ci promettono intimità e invece ci condannano alla solitudine»

05 giugno 2016
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CAGLIARI. Ben prima delle sette, per l’incontro con Zygmunt Bauman, il piccolo teatro Civico in Castello è pieno e la folla che occupa tutta via Università resterà fuori, delusa. La lezione magistrale del sociologo, ospite di Leggendo Metropolitano, indaga il rapporto tra “Società e felicità” perché, come nel supplizio di Tantalo, «la felicità è qualcosa che fa cenno alle persone di seguirla e si ritrae continuamente davanti a loro». Concetto familiare e strano la felicità: chiunque sa cos’è finché non gli chiedono di definirla. «I più – spiega Bauman – intendono la felicità come una vita facile, priva di scomodità e preoccupazioni. Peccato che una vita così sarebbe molto noiosa».

Citando Goethe che dichiarava d’aver trascorso una vita felice ma «non ricordava neppure una settimana di felicità», Bauman suggerisce che la felicità sta nella capacità di superare le difficoltà e, insieme a Freud, avverte che «uno stato di piacere permanente si trasforma facilmente in un incubo». La felicità è dunque un momentaneo superamento dell’infelicità, frutto di combattimento, lotta e resistenza. E, come se non bastasse, è una sensazione soggettiva. «La società crea le condizioni per essere felici o infelici. L’arte della vita è la capacità di raggiungere la felicità facendo i conti col fato e col carattere. Il fato non lo controlliamo, il carattere si può migliorare».

Ma quali cause sociali ci rendono felici o infelici? Ci aiutano a capirlo filosofi etici come Max Scheler secondo cui uguaglianza dei diritti e uguaglianza sociale vanno di pari passo: noi seguiamo gli esempi di persone felici perché l'eguaglianza sociale, riconosciuta dalla modernità, ci consente il confronto, anche quando resta un’enorme differenza nel possesso dei beni da parte delle persone. «Oggi il timore più grande è l’inadeguatezza – sottolinea Bauman – la paura di non essere all’altezza di un compito. L’idea che ci manchino risorse e determinazione ci fa perdere autostima. Ma se prima il confronto avveniva tra pari, per cui quando altri, uguali a noi, ottenevano maggiori diritti bastava scendeva in piazza per reclamarli, oggi, ai tempi di Internet e degli smartphone, siamo costretti a guardare nelle vite dei ricchi che possono sprecare quattrini. I mezzi di comunicazione di massa ci suggeriscono di imitare uno stile di vita con soldi che non abbiamo per fare colpo su persone di cui non ci importa nulla. Ti dicono che fai una scelta ma sei soggetto a seduzione e tentazione per cercare di realizzare la pienezza dei desideri e dei sogni. Ma nella società dei consumi un cliente felice sarebbe un disastro perché smetterebbe di comprare. Così la tortura dei consumi non finisce mai».

Altra causa d’infelicità è la paura della solitudine. «In Italia siete fortunati – ha detto Bauman – perché i legami familiari resistono. In Svezia, dove il reddito è più elevato e ci sono più opportunità, il 68% degli abitanti di Stoccolma non ha nessuno con cui dividere l’esistenza e i consumi di antidepressivi registrano un più 25%». Bauman accusa i social media d'essere una trappola: «Mark Zuckerberg speculasul nostro bisogno d’intimità. Facebook ti dà la sensazione di non essere mai solo, c’è sempre qualcuno a cui mandare un messaggio o un twitt». Ma il tempo dedicato al computer, al cellulare, alla rete impedisce di sviluppare le abilità sociali che consentono di realizzare amicizie e amori reali. «Un amore vero infatti – ha detto il sociologo – è pieno di ostacoli, di imboscate, conflitti e litigate. I social media promettono una libertà senza precedenti: essere in compagnia senza l'invadenza dell'altro. Così la nostra vita si divide in due: quella on line e quella off line». Ma uscire per strada offre la possibilità di incontrare un estraneo con cui ingaggiare una conversazione, fare domande, manifestare curiosità o amicizia. Un fatto complicato se non conosci l’abilità del dialogo. «Su Facebook selezioniamo le persone che si adattano a noi, non è così a scuola, non è così per la strada. Il mondo off line richiede delle competenze che, se non le conosci, creano disagio».

Bauman ha concluso citando Umberto Eco, «l'ultimo degli eruditi», quando dice che la condizione fondamentale dell’essere umano è il rapporto con l’altro: è lo sguardo dell’altro che definisce ciò che siamo. «Consentire agli altri di guardare, valutare ciò che siamo, ci salva dall’Adamo solitario che nulla sa del dolore di perdere la persona amata. Perché, come ha detto Aristotele, solo gli angeli e le bestie possono vivere fuori della polis. E siccome non siamo angeli e non vogliamo essere bestie, amore non è solo coprirsi di baci ma anche scontrarsi e litigare. La felicità comincia qui».

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