La Nuova Sardegna

Sos spopolamento L’isola non vuol essere un museo all’aperto

di Giacomo Mameli
Sos spopolamento L’isola non vuol essere un museo all’aperto

La riscossa dei piccoli centri, giornata di studi ad Armungia Aziende, nuove iniziative e idee per invertire la tendenza

19 giugno 2016
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ARMUNGIA. Per esorcizzare quella catastrofe prossima ventura dello spopolamento (calo di 400 mila abitanti in Sardegna entro il 2050, centri abitati soltanto nelle coste, villaggi desertici all'interno) hanno invocato l'ottimismo di Antonio Gramsci per dire che quel «fenomeno non è irreversibile» come sostiene Marc Augè, uno dei padri dell'antropologia contemporanea. Una inattesa ventata di speranza - per contrappasso e in controtendenza - da uno dei paesi più piccoli dell'isola, Armungia, appollaiato sulle forre del Gerrei, guardato dalle vette di Santa Vittoria, Monte Corongiu e Monte Cardiga e dove osava, soprattutto con la doppietta a tracolla, il Cavaliere dei Rossomori Emilio Lussu in compagnia della moglie Joyce.

È stato Sandro Ruiu, scrittore sassarese, a citare uno dei massimi demografi viventi, Massimo Livi Bacci, per dire che «lo studio dei movimenti delle popolazioni non è scienza esatta e non può dare certezze soprattutto in una fase di grandi migrazioni e immigrazioni». L'antropologo Felice Tiragallo: «Occorre reagire per far restare paesi i nostri paesi». A contorno, con pochissime voci contro, l'elenco di tante esperienze positive dal Sulcis al Sarcidano dove - ha detto il sociologo Benedetto Meloni - sta per sorgere, a Gergei, una beauty farm mentre «in Sardegna le aziende sono sempre più popolate da giovani e da agronomi con competenze». Meloni ha scelto, a sostegno della sua tesi, anche il titolo di un giornale che parla del Montiferru di Seneghe e Santulussurgiu come «di un angolo della Svezia». L'associazione “Isperas” di Pozzomaggiore ha elencato le iniziative per «animare il paese con dibattiti e presentazioni di libri». Sandra Melis (“Il Convivio” di Silius) ha citato la «voglia di fare nel paese del castello Sassai dove si combatterono aragonesi e arborensi». Stamani il botanico Luigi Erriu di San Nicolò - nella vallata del Nido dell'aquila - parlerà di “biodiversità e rispetto dell'ambiente per vivere meglio”. Corradino Seddaiu, antropologo di Olbia, ha sottolineato la vitalità di Padru «dove, quando ci arrivavo da Sassari, mi sembrava di essere come Heidi circondato da tante signore Rottermeier» e dove oggi «hanno preso casa giovani tedeschi che sono diventati apicoltori e vendono il miele agli abitanti fra Goceano e Gallura». E le case in vendita a Ollolai? Martina Giuffrè, antropologa di Sassari, ha annunciato un progetto per il museo di Burgos.

Il convegno di Armungia fra antropologi e amministratori - certo parlando più delle eccezioni che delle regole - si è mosso “controcorrente” accendendo un semaforo verde. Perché «va combattuta la rassegnazione, la tutela dei paesi e del territorio - ha sottolineato Pietro Clemente - dev'essere vissuta come impegno civile». Ad Armungia ha una eccellenza nell'iniziativa di Tomaso Lussu nipote di Emilio archeologo e Barbara Cardia studi da giurista. In solitudine ma con metodo hanno saputo calamitare iniziative produttive (tessitura, bottega del fabbro, prodotti alimentari) in un paese in via di estinzione. Certo, quella di Tomaso e Barbara è un unicum o quasi, perché hanno dalla loro competenze e grazia, qualità poco diffuse in Sardegna per poter tessere una rete di accoglienza intelligente. La casa-Lussu è tanto antica quanto confortevole, con un cinghiale del diavolo in ferro arrugginito che domina un cortile tutto fiori sotto un pergolato che ricorda belle pagine della letteratura del Novecento. Il paese è più curato di tanti altri. Il non finito edile è raro, il decoro è tangibile.

E l'economia? Come «restare paese - si è chiesto Tomaso Lussu - senza romanticismo ed economia di sussistenza? Creando microfiliere produttive diffuse, producendo, facendo lavorare mani e cervello. Perché oggi siamo ancora in fase di sperimentazione e la nostra attività non consente di avere ricadute economiche. Far rivivere i paesi è un'idea che deve diventare progetto politico sostenendo un'economia reale. Ma non vogliamo essere “musealizzati”. Vogliamo che vadano avanti le iniziative private. Il pubblico pensi alle infrastrutture, ai trasporti interni ed esterni , per esempio».

Un'idea che Clemente ha definito «coscienza di luogo». Che è la coscienza di Emilio Lussu per Armungia, così come è Barumini per Giovanni Lilliu, Nughedu San Nicolò per Francesco Masala, Ulassai per Maria Lai, San Sperate per Pinuccio Sciola, Orani per Costantino Nivola, Santulussurgiu per Antonio Cossu, Santa Cristina per Paulilatino, Remundu Piras per Villanova Monteleone, il Duomo con le quattro lunette delle Maddalene di Mario Delitala per Lanusei. Ma questo «è il progetto di una nuova Sardegna che in Sardegna non c'è ma può esserci», ha detto Ruiu. Il che comporta “conoscenza della nostra storia”.

Spopolamento allora? «Credo che si assisterà a un'inversione di tendenza, non si erano mai visti tanti giovani tornare all'agricoltura, l'inurbamento avrà una fine, ci sono i corsi ma anche i ricorsi storici», rimarca Cristina Lavinio, docente di Letteratura all'università di Cagliari.

Giunge ottimismo anche da quelli che ai primi del Duemila erano ricercatori sul campo ad Armungia e oggi siedono in cattedra. Caterina Di Pasquale (università di Pisa): «Armungia ha significato capire che cosa vuol dire guardare il tuo stesso mondo con una prospettiva diversa e renderlo più ricco». Eugenio Testa (La Sapienza di Roma): «Quindici anni fa il nostro obiettivo non era tanto cercare autenticità e arcaicità, ma interagire con cittadini del mondo contemporaneo e interrogarsi su cosa volesse dire confrontarsi con questo mondo («grande, terribile, complicato») stando in un piccolo paese della Sardegna interna e mantenendolo vivo. Se gli studenti sono stati curiosi degli armungesi, è stato vero anche l'inverso. Con la nostra invasione volevamo aiutare Armungia a “restare paese”. Ma l'Italia, come dice Pietro Clemente, è un Paese fatto di paesi. Che i paesi siano vivi è necessario non soltanto per chi li abita, ma per l'Italia tutta».

E da domani? Pietro Clemente: «Creare una rete delle associazioni che vogliono combattere lo spopolamento. Una rete fra associazioni sarde collegate con quelle presenti in campo nazionale. È difficile, ma abbiamo il dovere di andare controcorrente. Senza paesi non c'è Sardegna».

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