La Nuova Sardegna

il premio contestato

Il Nobel non ha cambiato Bob Dylan

Il Nobel non ha cambiato Bob Dylan

Il cantautore americano non ha parlato nemmeno con l’Accademia

15 ottobre 2016
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STOCCOLMA. Dopo che a Las Vegas non ha aperto bocca se non per cantare, l'attenzione si è spostata nel week end a Desert Trip per la seconda puntata della “Woodstock dei Senior” assieme ai Rolling Stones. Poi a Phoenix domani, Albuquerque martedì, il 19 a El Paso, il 22 a Thackerville in Oklahoma. Instancabile, inossidabile, il premio Nobel per la letteratura Bob Dylan non ha cambiato l'agenda del suo “Never Ending Tour” che da metà degli anni Ottanta lo porta a ricamare il suo messaggio di poesia in musica sulla mappa dell'America.

Ma se l'Accademia dei Nobel ancora non è riuscita a parlare direttamente con il cantante, Dylan potrebbe addirittura non ringraziare mai: così ha ipotizzato uno degli amici storici, il cantante Bob Neuwirth, parlando con il Washington Post. Dall'Accademia il cancelliere Odd Zschiedrich spiega che l'organizzazione del premio ha parlato «con l'agente e con il manager dei suo tour di concerti, ma non direttamente con lui», anche se minimizza: «Non è la prima volta, anche in epoche moderne, che non si riesce a parlare direttamente con il premiato». A Las Vegas Dylan ha deluso chi si aspettava un commento sul premio con cui la giuria di Stoccolma ha allargato, secondo alcuni anche troppo, i confini della letteratura. Fuori dal Cosmopolitan, mentre il collega Paul McCartney cantava in un vicino casinò, fan di mezza età avevano fatto la fila per ottenere invano il primo commento dal vivo. Nulla, come se niente fosse. Per i dylanologi abituati a decifrare la mente dell'enigmatico genio, l'unico bis concesso a furor di platea rappresenta forse un indizio? Prima di ritirarsi per la notte nei camerini, Dylan ha intonato un melanconico e melodico “Why Try to Change Me Now”, perché cercare di cambiarmi, di Frank Sinatra, registrato per la prima volta da The Voice nel 1959 quando Robert Allen Zimmerman era “senior” al liceo, e che Dylan ha «riscoperto» per l'album “Shadows in The Night” del 2015: «Don't you remember I was always your clown?». Scelta che non poteva essere più che perfetta nella mecca del gambling di cui Sinatra era re negli anni Sessanta, mentre Dylan muoveva i primi passi a Greenwich Village. Intanto, grazie all'inatteso premio, le vendite dei suoi libri (l'autobiografia Chronicles e la compilation The Lyrics 1961-2012) sono tornate a scalare le classifiche di Amazon.

Nel day after dell'annuncio continuano le polemiche: da quelle sul merito letterario della sua opera, al fatto che questa edizione del Nobel sia stata vinta da soli uomini. Il biografo di Philip Roth, Blake Bailey, ha portato le prime su Twitter: «Dubito che Roth avrebbe preferito scrivere “Mr Tambourine Man” che “Pastorale Americana”. E se sul New York Times un op-ed di Anna North commenta che «Dylan non ha bisogno di un Nobel, ma la letteratura sì, e quest'anno non l'ha avuto», a Palermo il Nobel nigeriano Wole Soyinka si è schierato dalla parte di chi non ha apprezzato il conferimento del premio a un musicista: «Il prossimo anno ne dovranno dare due«.

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