Le strade più intriganti dell’isola dei sapori
di Grazia Brundu
Le nuove mappe per chi vuole scoprire la Sardegna a tavola
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SASSARI. Sole, mare e vino rosso. Ma anche bianco. E dolci tipici, paste fatte a mano, olio extravergine d’oliva. Chi viene in Sardegna cerca il paesaggio e anche la tavola saporita, così l’editore sassarese Carlo Delfino anche quest’anno, tra le tante carte estive dedicate al territorio, ne propone quattro che indirizzano ai luoghi dove si mangia e beve secondo tradizione. Sono la “Carta agroalimentare della Sardegna”; la “Carta dei vini della Sardegna”; “Pane pasta dolci di Sardegna” e la “Carta dell’olio extravergine di qualità della Sardegna”.
Si trovano nelle fiere nazionali e internazionali, in edicola e in libreria (prezzi dai 5 ai 7 euro). Hanno versioni in quattro lingue (più il russo per i vini) e nessuna paura di TripAdvisor. Infatti, se adesso la concorrenza digitale è agguerrita, rispetto alla metà degli anni Novanta, quando le carte Delfino hanno debuttato e i siti tematici erano di là da venire, «le due cose non si escludono a vicenda. Possono convivere benissimo», assicura l’editore. E poi il foglio non tradisce, a differenza del telefonino che senza segnale è fuori gioco. Le carte, spiega Delfino, sono pensate «per quei turisti che non si accontentano dei viaggi organizzati ma vogliono scoprire, in autonomia, le eccellenze sarde». Pratiche, pieghevoli e poco ingombranti, una volta aperte mostrano su un lato la mappa della Sardegna suddivisa in aree caratterizzate da un determinato prodotto agroalimentare. Sull’altro, le schede preparate da esperti del settore in base a «un elenco di prodotti certificato dal Ministero dell’agricoltura e proposto dall’Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura (Laore)», spiega l’editore.
Il taglio editoriale accosta caratteristiche alimentari, origini dei prodotti e curiosità sulla tradizione, mentre la lettura è facilitata da immagini e infografica ben curate. Una delle carte più golose è senz’altro quella dedicata alle orillettas, all’aranzada, alle sebadas e agli altri dolci sardi, insieme alle paste tradizionali – dal filindeu alle lorighittas alle panadas – e al pane. È soprattutto quest’ultimo, bello e buono, ad affascinare i turisti. Per più di un motivo. Prima di tutto perché il tripudio di motivi geometrici, fiori e spighe dei pani rituali, preparati per le nozze, le festività e altre occasioni importanti, riempie lo sguardo prima ancora dello stomaco. Poi perché il lievito madre assicura una panificazione sana e digeribile, tutto il contrario della baguette precotta da supermercato infilata di fretta nel carrello. E infine perché, spiega Delfino, «c’è una nuova tendenza alle piccole economie di paese, con la crisi la gente ha ricominciato a coltivare il grano e aprire forni. E negli ultimi tempi si stanno riscoprendo pani tipici di alcune zone della Sardegna, come per esempio Barumini e Ortacesus».
Molto apprezzati dai turisti sono anche i vini sardi. «Soprattutto dai Russi», specifica Delfino. Infatti la carta riservata all’enologia ha anche una versione nella lingua del Cremlino, elenca duecento produttori e cantine sparsi in tutta l’isola e, grazie al lavoro di Laore, aggiorna al 2017 i confini tra le aree che ospitano i vari vitigni. Dodici in tutto: Bovale, Cagnulari, Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia di Sardegna, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Torbato. Una terza carta, ricchissima di informazioni, è dedicata all’olio sardo, che «da una decina d’anni conquista premi nelle competizioni, anche se è ancora sottopagato rispetto alla qualità e al lavoro che richiede la sua produzione», precisa l’editore. I testi ripercorrono la storia dell’olivicoltura in Sardegna dall’età nuragica, elencano le varietà di olive e le loro caratteristiche, le qualità dell’olio e le strategie di valorizzazione. Infine, la “Carta agroalimentare della Sardegna” è un vademecum dettagliato e ricco di curiosità su quanto di meglio l’isola offre nel piatto e nel bicchiere: dai formaggi ai salumi, dalle conserve al miele, dalle spezie ai distillati e ai liquori ricavati dalle bacche dei suoi arbusti.
Si trovano nelle fiere nazionali e internazionali, in edicola e in libreria (prezzi dai 5 ai 7 euro). Hanno versioni in quattro lingue (più il russo per i vini) e nessuna paura di TripAdvisor. Infatti, se adesso la concorrenza digitale è agguerrita, rispetto alla metà degli anni Novanta, quando le carte Delfino hanno debuttato e i siti tematici erano di là da venire, «le due cose non si escludono a vicenda. Possono convivere benissimo», assicura l’editore. E poi il foglio non tradisce, a differenza del telefonino che senza segnale è fuori gioco. Le carte, spiega Delfino, sono pensate «per quei turisti che non si accontentano dei viaggi organizzati ma vogliono scoprire, in autonomia, le eccellenze sarde». Pratiche, pieghevoli e poco ingombranti, una volta aperte mostrano su un lato la mappa della Sardegna suddivisa in aree caratterizzate da un determinato prodotto agroalimentare. Sull’altro, le schede preparate da esperti del settore in base a «un elenco di prodotti certificato dal Ministero dell’agricoltura e proposto dall’Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura (Laore)», spiega l’editore.
Il taglio editoriale accosta caratteristiche alimentari, origini dei prodotti e curiosità sulla tradizione, mentre la lettura è facilitata da immagini e infografica ben curate. Una delle carte più golose è senz’altro quella dedicata alle orillettas, all’aranzada, alle sebadas e agli altri dolci sardi, insieme alle paste tradizionali – dal filindeu alle lorighittas alle panadas – e al pane. È soprattutto quest’ultimo, bello e buono, ad affascinare i turisti. Per più di un motivo. Prima di tutto perché il tripudio di motivi geometrici, fiori e spighe dei pani rituali, preparati per le nozze, le festività e altre occasioni importanti, riempie lo sguardo prima ancora dello stomaco. Poi perché il lievito madre assicura una panificazione sana e digeribile, tutto il contrario della baguette precotta da supermercato infilata di fretta nel carrello. E infine perché, spiega Delfino, «c’è una nuova tendenza alle piccole economie di paese, con la crisi la gente ha ricominciato a coltivare il grano e aprire forni. E negli ultimi tempi si stanno riscoprendo pani tipici di alcune zone della Sardegna, come per esempio Barumini e Ortacesus».
Molto apprezzati dai turisti sono anche i vini sardi. «Soprattutto dai Russi», specifica Delfino. Infatti la carta riservata all’enologia ha anche una versione nella lingua del Cremlino, elenca duecento produttori e cantine sparsi in tutta l’isola e, grazie al lavoro di Laore, aggiorna al 2017 i confini tra le aree che ospitano i vari vitigni. Dodici in tutto: Bovale, Cagnulari, Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia di Sardegna, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Torbato. Una terza carta, ricchissima di informazioni, è dedicata all’olio sardo, che «da una decina d’anni conquista premi nelle competizioni, anche se è ancora sottopagato rispetto alla qualità e al lavoro che richiede la sua produzione», precisa l’editore. I testi ripercorrono la storia dell’olivicoltura in Sardegna dall’età nuragica, elencano le varietà di olive e le loro caratteristiche, le qualità dell’olio e le strategie di valorizzazione. Infine, la “Carta agroalimentare della Sardegna” è un vademecum dettagliato e ricco di curiosità su quanto di meglio l’isola offre nel piatto e nel bicchiere: dai formaggi ai salumi, dalle conserve al miele, dalle spezie ai distillati e ai liquori ricavati dalle bacche dei suoi arbusti.