La Nuova Sardegna

Addio Tony Manero I ricordi della disco

di Andrea Massidda

L’inevitabile tramonto di un’era nei racconti dei protagonisti

07 settembre 2017
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SASSARI. Capelli gelatinati, sguardo rigorosamente alto, incedere da strafottente, scarpe a punta con tacco alto e un abito tutto bianco spezzato solo da una camicia nera aperta sino al petto, dal quale spunta in bella mostra un crocefisso agganciato a una collanina d’oro. Esattamente quarant’anni fa – era l’estate del 1977 – nelle sale cinematografiche del pianeta faceva la comparsa il personaggio che più di ogni altro ha contribuito a modificare la cultura giovanile: Tony Manero, nella fiction un diciannovenne italo-americano di Brooklyn con la passione per le risse e per la danza freestyle. Con lui – interpretato dall’esordiente John Travolta – dopo decenni di esasperato impegno politico e sociale sconfinato in Italia nei cosiddetti “anni di piombo”, i teenager di tutto il mondo scoprirono che oltre a frequentare il cineforum sopportando persino il successivo dibattito, nel weekend si poteva anche andare a ballare in discoteca spensierati. Detto con un titolo, nasceva “Saturday night fever”, la febbre del sabato sera. Una rivoluzione. Ma anche un mondo che ormai non esiste più.

I primi locali. Dopo l’uscita del cult movie la sindrome del ballo sfrenato assume presto i sintomi di una vera e propria epidemia. E anche in Sardegna nessuno è immune al contagio. Nel giro di pochi anni nascono discoteche ovunque: prima nei pressi delle città capoluogo, poi pian piano in ogni paese. Ci sono località come Alghero e Assemini i cui locali da ballo, calcolata la capienza totale, potrebbero ospitare metà degli abitanti. A Sassari quella che viene comunemente identificata come prima discoteca si chiama “Pebay” e si trova in periferia, a Sant’Orsola. Tra gli organizzatori, un tipo baffuto e dal fisico prestante che muoveva i primissimi passi in questo nuovo mondo fatto di luci colorate e decibel: Nello Usai. Il suo ruolo? Un pr ante litteram, con “l’enorme potere” di fare selezione all’ingresso. Tanto che qualcuno gli dedicò una canzone intitolata “Nello, facci entrare”. «Mi resi subito conto – racconta lui stesso – che il lavoro del promoter mi piaceva e faceva per me. La selezione all’ingresso, per quanto odiata, era una garanzia di affidabilità del locale, peraltro frequentato dalla Sassari bene. Chi metteva i dischi era Paolo Giagu De Martini, figlio di un importante politico della Dc a livello nazionale, tutti si comportavano correttamente». Cominciato il Riflusso e con l’uso dell’eroina che rischiava di catturare persino i ragazzi più tranquilli, gli adolescenti di allora paradossalmente nelle discoteche erano al sicuro. «In effetti – ammette Nello Usai – li toglievamo dalla strada e oggi rivedo molti nostri clienti che sono diventati affermati professionisti in ogni campo».

Il boom. Ma se negli anni Settanta la discoteca era quasi un luogo per l’élite, è nel decennio successivo che arriva il vero boom. A rappresentarlo nel Sassarese è ancora oggi il “Blustar”, a Ossi, che nel frattempo ha aggiunto il nome “Dolcevita”. «Quando abbiamo aperto – ricorda Peppino Muresu, uno dei titolari del locale insieme al fratello Piero – arrivavamo da tempi in cui per ballare si andava nei cosiddetti magazzini, spesso appartamenti presi in affitto nei quali le greffe di ragazzi si riunivano davanti a un mangiadischi. Il biglietto era più che altro un obolo. Negli anni Ottanta ne abbiamo fatto il nostro mestiere, allargando poi il business alla Siesta, storico locale di Alghero».

La musica. Se in principio a riempire la pista erano i classici brani del filone discomusic, con gli anni anche la musica è radicalmente cambiata. «All’inizio del fenomeno – svela Zeno Pisu, decano dei deejay del Nord Sardegna – i dischi più richiesti erano quelli degli Abba, Barry White, Bee Gees, Boney M, Chic, Donna Summer, Gloria Gaynor e quelli della Kc and the sunshine band. Va detto, poi, che il quel periodo la serata contemplava anche i lenti, via via scomparsi dai repertori dei deejay. Più tardi la nostra programmazione cominciò a prevedere anche pezzi come quelli dei Simple Minds, degli U2, dei Police e tutto il filone rock e new wave. Ma il cambio decisivo lo diede l’avvento della musica elettronica pop/dance, spesso italiana, e naturalmente emittenti come Mtv, che con i loro videoclip condizionavano la scaletta. Alla fine degli anni Ottanta – conclude Zeno – c’è stata la rivoluzione dell’house music, anche con brani di ottima qualità».

I balli. Mentre cambiavano gli stili musicali, è ovvio, si modificava anche il modo di ballare in pista. Lo ricorda bene Arturo Pirino, ancora oggi uno dei deejay più quotati di Sassari. «All’inizio – racconta sorridendo – John Travolta era il numero uno per tutti, un idolo da imitare. Anch’io in quegli anni provai a imitarlo scivolando con le ginocchia per terra in un corridoio». Ma superato il tempo delle piroette e dei “travoltini”, che appunto imitavano le mosse di Tony Manero, ecco che la musica si trasforma. «Dai Bee Gees – continua l’esperto – si passa a Madonna, Duran Duran, Prince e Kool & the Gang, e si trasformano sia la musica che il modo di ballare: è il periodo dello shake. Ma non si possono dimenticare, negli anni Novanta, le mode dei tormentoni come la macarena, il meneito e la lambada».

I cocktail. Alla dittatura della moda, manco a dirlo, non sfuggivano nemmeno le bevande che i giovani clienti consumavano in discoteca. «La qualità del prodotto contava di sicuro meno della qualità – ricorda Daniele Piu, sin dagli anni Ottanta barman nei locali più in voga a Sassari: qualcuno chiedeva il gin tonic fatto con il Gordon, altri l’Angelo Azzurro, cocktail dalle mille formule, tanto che nessuno ha mai capito la ricetta originale, l’ importante è che ci fosse il curacao blu. Poi – conclude – c’erano le “bombe” tipo l'Invisibile, fatto con gin, vodka, cointreau e tequila, o ancora i classici Negroni, Stinger e whisky cola. I tempi del mojito e del moscow mule erano ancora molto lontani».

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