La Nuova Sardegna

«Prima sempre la libertà», storia dell’ultimo anarchico

di NELLO RUBATTU
«Prima sempre la libertà», storia dell’ultimo anarchico

Nicolino Manca, una vita tutta contromano narrata dallo scrittore Nello Rubattu. Viaggio nella libera Repubblica di via Turritana, il cuore antico di Sassari

28 ottobre 2017
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Nicolino ha novantaquattro anni, è del 1923 e neanche con le cannonate lo smuovi da via Turritana: «Abitavo in via Università. Da piccolo facevo la pilandra in questi vicoli. Erano gli anni di quella testa lucida di Benito Mussolini. Non è che mi piaceva, io sono un libertario pacifista. Ma da queste parti quasi tutti lo amavano»

«E come mai secondo te?».

«Perché ha subito detto che non apparteneva alla greffa dei potenti. Suo padre era un socialista anarchico e faceva il fabbro. Lui diceva che voleva dare dignità alle donne e alle persone che lavoravano. Secondo te in una città dove a comandare erano in pochi queste cose non facevano piacere sentirle? Ma a rovinarsi non è che ha fatto fatica. Ha cominciato a frequentare il bel mondo e la chiesa gli ha fregato l’anima. Del popolo ha fatto in fretta a dimenticarsene. A fare cambiare idea alla gente ci sono volute una guerra, un impero e le leggi razziali. Però voglio dirti: è inutile giudicare guardando solo il male che ha fatto... Troppo facile»

«Ma il male lo ha fatto e tanto».

«Però gli uomini bisogna giudicarli ricordandosi sempre che tutti siamo un minestrone di cose giuste e sbagliate. Bisogna vedere la parte che alla fine vince».

Nicolino parla lo slang dei nostri vicoli: un misto di italiano e sassarese, con l'aggiunta di qualche rinfrescatina di francese e di spagnolo. Lui sa anche un poco di inglese che ha imparato comprandosi in gioventù le cassette dei corsi a pagamento. Non lo parla come se fosse uno studente di Oxford ma due parole, se vuole, te le strampa.

A casa sua i libri non sa più dove metterli, ne ha così tanti che in parte li lascia ammucchiati sul pianerottolo: testi sull’anarchia, sul male delle guerre e della chiesa. Non manca il “Trattato di ateologia” di Michel Onfray, “La rivoluzione sessuale” di Wilhelm Reich e “Dio e lo Stato” di Bakunin. Meglio non fargli dire che cosa pensa dei preti.

La notte, Nicolino, dorme in un centro per anziani in via arcivescovado, ma di giorno se ne sta sempre nella parte alta di via Turritana. Ogni tanto si siede in una di quelle panchine che si trovano fuori dalle botteghe e guarda la gente che passa. Quelli dei negozi lo conoscono tutti.

«E Nicolino non è ancora arrivato?», «Sono già le dieci e non si è visto», «Non è che sta male?».

Novantaquattro anni sono molti per tutti, non solo per lui.

Però lui di lasciare questa valle di lacrime non sembra averne nessuna intenzione. Ma il fatto di dormire in quel centro anziani, proprio non gli va giù. Amerebbe starsene dove ha sempre vissuto: in via Turritana, al numero ventidue. Una parte di quella palazzina era sua. Compreso il magazzino che oggi ha dato a un ragazzo che vive facendo il giocoliere.

«Di soldi ne ho avuto tanti. Ho sempre lavorato. Ma bisogna utilizzarli per fare del bene. Dopo la guerra ho comprato una campagna vicino a Sassari. Volevo fare un centro di accoglienza per i figli dei carcerati. Ma non me l'hanno concesso».

«E perché, Nicolì?»

«Secondo te davano questa possibilità ad un anarchico?»

Da giovane non è certo stato con le mani in mano: «Mandroni, fannulloni, a casa non ce n’erano. Era normale che i figli facessero qualcosa di utile».

Così Nicolino ha fatto il muratore, il fabbro, il meccanico. Ha lavorato in campagna. Ha avuto la rappresentanza di alcune ditte che costruivano macchine per l’agricoltura e la panificazione e una rappresentanza della Pirelli. In via Turritana aveva un negozietto dove riparava biciclette.

«Babbo mi diceva che “lu trabagliu ni caba lu macchìni”. Quando si lavora ti senti utile e i cattivi pensieri vanno via. Oggi, invece, fanno di tutto perché uno smetta di lavorare. Non fanno altro che mettere tasse e leggi. Preferiscono se vai a birrette è meglio che disturbare. Con le loro leggi stanno distruggendo la speranza».

«Nicolì, ma essere anarchico e pacifista secondo te vanno d’accordo?».

«Io sono un libertario da sempre e da sempre sono pacifista. L’anarchia è questo. A uno come me le guerre non piacciono. Le guerre le amano chissi cani magnadori che ci comandano. Perciò, dico io: se a loro piacciono che se le facciano. Quante ne ho viste di guerre nella mia vita. Per un secolo sono state considerate uno sport nazionale. Ma di giuste non me ne ricordo neanche una».

Nicolino, nella “Libera repubblica di via Turritana”, tutti lo coccolano e quando quelli dei negozietti non hanno clienti passano il tempo a parlare con lui. A lui piace la strada e il passeggio.

Nicolino, da buon libertario, è per l’amore libero e sta dalla parte delle donne:

«Che si devono liberare dal potere degli uomini. Loro impediscono alle donne di amare. Gli tolgono la felicità. Pensano sempre che i loro corpi devono appartenere a qualcuno. Io alle donne voglio bene e mi piacciono che siano libere. Solo i preti pensano che siano un pericolo, il male. L’amore deve essere libero perché l'amore è la vera essenza della vita».

Nella libera repubblica di via Turritana, Nicolino non ha bisogno di nulla: il giocoliere a cui ha concesso il magazzino – che vive trasformando i palloncini in fiori e animali e che nelle piazze del centro della città affascina i bambini con la sua macchina delle bolle – ha messo vicino all'entrata una panchina in legno. Nicolino si siede proprio lì e il giocoliere gli offre un caffè che poggia su un piccolo tavolino di ferro smaltato. Basta una vecchia macchinetta e un po’ di bustine di zucchero.

Quella che mette a posto gli abiti e sta un poco più in basso del giocoliere o quell'altra che ha un negozietto di roba usata un po’ più su, quando lo vedono su quella panchina fanno pausa e lo raggiungono. A Nicolino parlare con le donne piace. «Ogni tanto – mi ha confessato una di loro – mi dà consigli su come mi devo vestire per essere più bella. Se il giorno prima ho fatto l'amore lui mi dice che mi trova meglio. Lo dice senza malizia. Si capisce che è contento per me».

Nicolino è sempre stato con i radicali. Era membro del direttivo: si è fatto la trafila delle battaglie per il divorzio, per l’aborto, per la parità fra uomo e donna. Era nel direttivo di Amnesty e ha manifestato per tutta la vita contro la tortura e i danni ambientali: «Lo stanno distruggendo il mondo con i loro veleni: i bambini si prendono cancri a nastro e gli uomini stanno diventando sterili. Ci stanno riducendo a diventare delle macchine per centri commerciali. Bella libertà è questa!».

Nicolino ha i capelli bianchissimi e due occhi di un celeste chiaro. Solo che troppa gente in vita sua lo ha guardato con sospetto. Questa idea dell’amore libero, quando era giovane, non è che piacesse tanto. La vedevano come un pericolo. Ma è la polizia che non l’ha mai lasciato in pace. Essere anarchico in questura ha un prezzo.

«Con la polizia ho avuto la fortuna del cane in chiesa in settimana santa. Hanno cominciato a controllarmi nel Sessantotto. Il 13 dicembre di quell'anno, una mattina, mi hanno bussato alla porta quattro poliziotti. Avevano un mandato di perquisizione. Da quell’anno non hanno fatto altro».

«Ma quelli sono stati anni brutti Nicolì. Mica c’era molto da scherzare».

«E perché a essere controllata era sempre gente come me? Chi le ha fatte le stragi in Italia? Chi ha finanziato quei poveracci che hanno messo le bombe? Mi ricordo che il 30 settembre del 1979 ero a Perugia per un convegno della Fondazione Lelio Basso. Rappresentavo il movimento dei non violenti. In albergo, mi aspettava un poliziotto. Mi hanno portato in questura, in macchina mi hanno fatto vedere un cacciavite e mi hanno detto che era mio. Io proprio di cacciaviti non ne avevo come non ho mai avuto nessun tipo di arma. Per fortuna mi hanno liberato. Ma ho scritto una lettera al Corriere e me l’hanno pubblicata».

«E allora come la vuoi chiudere?»

«Io sono felice, coppà. Vorrei che lo fossero tutti. Non ho rancori contro nessuno. Ho sempre pensato che nella vita il male e il bene camminano a braccetto. Sono per i diritti civili.Lo sono sempre stato. L’odio a casino».



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