La Nuova Sardegna

Il linguaggio dei fili di Maria Lai conquista l’America

di Giacomo Mameli
Un'opera di Maria Lai
Un'opera di Maria Lai

L’annuncio del Financial Times: grande mostra a New York. Altre esposizioni previste a Miami, a Berlino e agli Uffizi

27 novembre 2017
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«Ci sono davvero poche donne che hanno sfondato nella scena italiana del dopoguerra, ora alcune si stanno prendendo ciò che è loro dovuto», dice la gallerista Marianne Boesky parlando di Maria Lai di cui sta esponendo alcune opere nel suo Aspen Space di New York. Le dichiarazioni della Boesky, considerata dalla critica una delle più severe e scrupolose studiose dell’arte contemporena al mondo, è comparsa il 25 novembre sulle pagine del Financial Times, edizione di New York, riprendendo un articolo del magazine online Artsy. Per la grande-piccola donna di Ulassai (1919-2013), per quel genio che voleva legare le case alla montagna e mettere sull’altare dell’arte la sacralità della natura, è un ulteriore riconoscimento sulla scena internazionale. Anche perché Maria Lai è giudicata «uno dei quattordici artisti di cui parlerai per lungo tempo dopo aver visto la Biennale di Venezia». Non solo. C’è, senza alcuna sponsorizzazione, senza intrugli politici di alcun genere, una promozione eccezionale per la Sardegna. L’autorevole giornale d’Oltre Atlantico scrive testualmente: “Lai’s intricate work takes on the language, textiles and identity of women from her native Sardinia”, che vuol dire: «L’intricato lavoro della Lai rappresenta il linguaggio, i tessuti e l’identità delle donne dalla sua Sardegna nativa».

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E tutto è pronto a New York per la prima mostra personale (16 febbraio 2018) di Maria Lai in attesa di una più vasta mostra nel 2019 quando dovrebbe celebrarsi un’epopea dell’opera omnia della pittrice-scultrice-poetessa che voleva vivere «tenendo per mano il sole» con tele cucite, grandi pani che «sono il cibo dell’arte». Continua in tal modo la primavera di Maria Lai. Da quando è scomparsa la sua popolarità e la cifra della sua arte si stanno imponendo nei cinque Continenti. Opere (dalle geografie ai telai, ai libri scritti con fili neri e grigi, le tavole apparecchiate, i teli azzurri cuciti, l’eterna presenza di quelle caprette che sono l’anima bucolica dell’isola dei nuraghi e dell’Ogliastra in particolare) che stanno crescendo costantemente nelle quotazioni. Nell’articolo di Artsy citato dal Financial Times si ricorda che «solo sette opere sono state vendute all’asta secondo il database di Arnet». La fortuna di Maria Lai crescerà in questa fine autunno e nei prossimi anni. C’è una rincorsa per avere le sue opere soprattutto dopo la presenza (giugno-novembre) alla Biennale di Venezia. Al Miami Basel sarà presente con una mostra a partire dal prossimo 8 dicembre, stessa data che la vedrà protagonista nella galleria di via delle Mantellate a Roma. E poi altri tre momenti internazionali. Sono alcune delle opere di Maria Lai – le donne che fanno il pane, le strisce con le filastrocche, le geografie – che il prossimo 16 febbraio verranno esposte ad Aspen sempre a cura di Marianne Boesky. Ribalta fiorentina in primavera perché dall’8 marzo, per alcuni mesi, sarà di scena alla Galleria degli Uffizi. Nello stesso periodo, altre opere verranno esposte a Berlino, in particolare alcuni telai costruiti con tronchi di olivastro e leccio. È un momento importante per l’arte sarda che si fa spazio a livello internazionale. Partendo dalle opere più semplici, da quelle che Maria Elvira Ciusa aveva descritto come «cento disegni eseguiti per lo più a matita o ad acquerello dopo essere rimasti relegati a lungo, quasi tutti, in una soffitta». Oggi conoscono la ribalta del mondo col pastore tra pecore e sassi, la donna al setaccio, Maria Pietra, i cieli neri rischiarati da cristalli e sabbie di fiume, vie Lattee, galassie sarde e universali. Chi oggi riguarda il carboncino su carta “Mia madre” del 1941, la donna con bambino del 1946, i greggi, il ritratto della sorella Giuliana del 1947, “L’uomo che si accende la sigaretta” del 1948, “Il raccoglitore di mandorle”, ritrova in queste opere la grandiosità del messaggio universale dell’arte. Questa era la vera passione di Maria, che «voleva educare tutti gli uomini ad amare la ballezza». Lo sta facendo post mortem. Parlando della Sardegna al mondo.
 

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