La Nuova Sardegna

Oltre gli handicap Le nuove frontiere della bioingegneria

di Stefano Ambu
Oltre gli handicap Le nuove frontiere della bioingegneria

L’Eolab dell’Università di Cagliari “miniaturizza” l’elettronica Ricerche in tutta Europa,il progetto Nebias apre orizzonti inaspettati

13 gennaio 2018
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Almerina Mascarello, la donna veneta che ha accettato di sottoporsi al test scientifico, ha sperimentato la sua nuova mano bionica (al posto di quella persa in un incidente) portando con sé solo un mini zainetto come “regia” elettronica da tenere sulla schiena. I sistemi di controllo dell'arto prima utilizzavano una strumentazione che occupava più o meno lo spazio di un carrello del supermercato. Il futuro? Invisibile. Sottopelle.

Dal grande al piccolissimo: la “miniaturizzazione” è proprio il contributo offerto dall'Universitá di Cagliari al progetto della mano artificiale “collegata” al cervello che sta facendo il giro del mondo. L'ateneo sardo si sta occupando dell'aspetto elettronico dell'esperimento. Una parte essenziale del delicato percorso dal momento che riguarda la connessione tra il sistema nervoso e la protesi artificiale. L'Eolab, il laboratorio di Microelettronica e bioingegneria del Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica, collabora dal 2006 allo sviluppo della protesi di mano neuro-controllata attraverso diversi progetti finanziati dal Miur e dal progetto Nebias finanziato dalla Unione Europea. Gli elettrodi che consentono di fare “parlare” il sistema nervoso della paziente con la mano realizzata dal gruppo di Silvestro Micera, della Scuola superiore Sant'Anna e del Politecnico di Losanna, sono stati impiantati dall'équipe del neurochirurgo Paolo Maria Rossini al Policlinico Gemelli di Roma. C'è una bella differenza con la mano “attaccata” al braccio. Importante, utile sì. Ma qui siamo almeno cento passi avanti. «Con questa protesi, direttamente collegata al sistema nervoso – spiega Luigi Raffo, responsabile di Eolab - il paziente percepisce l'arto artificiale come parte del corpo stesso e può controllarlo come uno naturale, ricevendone per esempio sensazioni tattili». L’Eolab contribuisce al progetto con l'attività coordinata da Massimo Barbaro, relativa allo sviluppo dei microchip capaci di inviare i segnali elettrici al cervello e di tutta l'elettronica necessaria a miniaturizzare il sistema e renderlo effettivamente utilizzabile e impiantabile sottopelle, e con l'attività, coordinata da Danilo Pani, di integrazione e ottimizzazione degli algoritmi utili a interpretare e tradurre in tempo reale i segnali nervosi del nostro corpo in azioni della protesi. «Finora - spiega Raffo - i sistemi di controllo della mano utilizzavano una strumentazione che occupava un ingombro pari a un carrello del supermercato: anche grazie al lavoro dei ricercatori dell'Università di Cagliari, ora il sistema è disponibile in un mini zainetto da tenere sulla schiena del paziente e in futuro sarà disponibile sottopelle come accade per un pacemaker».

La ricerca era cominciata quasi 20 anni fa, nel 1999, presso la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa grazie a progetti attivati e finanziati inizialmente dall'Inail. Su questa scia è stato impostato il primo grande progetto, chiamato Cyberhand, che nel 2009 ha portato a impiantare per 20 giorni la mano bionica in un uomo, un brasiliano di origine italiana che aveva perso la mano sinistra in un incidente. Nel 2014, un nuovo passo in avanti con LifeHand: la mano bionica era stata impiantata in un danese, con un'elettronica ancora molto ingombrante. Nel 2016, la prima sperimentazione nella vita di tutti i giorni, nell'impianto ricevuto per sei mesi da una donna veneta e controllato da un'elettronica contenuta in uno zainetto. Il futuro è il progetto Nebias.

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