La Nuova Sardegna

Un luogo da sogno tra lecci e olivastri, con laghi e cascate

di Salvatore Tola
Un luogo da sogno tra lecci e olivastri, con laghi e cascate

A Laconi, nel cuore del Sarcidano, un grande paradiso naturalistico Si possono fotografare martore, gatti selvatici e falchi pellegrini

13 gennaio 2018
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Quando ci si avvicina a Laconi, da qualunque parte si provenga, si nota che si sta entrando in un’area particolarmente ricca di verde, di alberi, di boschi. Vittorio Angius, attento studioso e osservatore delle realtà locali, intitolava – oltre centocinquant’anni fa – «Grandi vegetabili» un paragrafo della sua accurata scheda sul paese; elencava le maggiori «selve ghiandifere», lamentava la «barbarie pastorale» che le metteva in pericolo e faceva la rassegna delle specie più diffuse: il leccio e la quercia per primi, poi la fillirea, il corbezzolo e l’olivastro, rappresentato anche da «individui di una enorme grossezza». Questo patrimonio si è conservato negli anni, e anzi è stato e viene continuamente arricchito con nuovi impianti. All’interno delle vaste aree trovano rifugio varie specie animali, tra le quali donnole, martore, gatti selvatici, e naturalmente cinghiali; tra i volatili il picchio, il barbagianni, il gheppio, il falco pellegrino. Anche il centro abitato è ricco di verde: le viuzze selciate del centro storico si incrociano con alcuni viali alberati. Ma il patrimonio più interessante per il visitatore, quello che contribuisce maggiormente a fare di questo luogo un «paradiso per i botanici», è il parco Aymerich, che si distende per oltre venti ettari al confine con la parte alta dell’abitato: uno degli ingressi si apre nei pressi della chiesa parrocchiale. Oggi proprietà della Regione, apparteneva in passato alla famiglia Aymerich, gli ultimi feudatari a detenere il titolo di marchesi di Laconi; prima di loro c’erano i Castelvì, altra famiglia molto influente, con larghi interessi anche economici a Cagliari. La loro residenza era il castello che campeggia ancora al centro dell’area verde con alcuni resti abbelliti da finestre dalle raffinate linee gotiche. Il primo impianto era stato voluto già intorno al Mille dai giudici d’Arborea, e pare che il primo nucleo abitato si sia costituito proprio in seguito alla sua erezione.

L’attrattiva maggiore è rappresentata comunque dalla vegetazione, la cui crescita è stata favorita da clima e fertilità del terreno, ma soprattutto dalla ricchezza delle acque: sgorgano da sorgenti e fontane e vengono poi condotte in rivoli, vasche e cascatelle; mentre sul lato sinistro scorre il rio Acili, che forma una più ricca cascata e un laghetto. In origine l’area ospitava un bosco spontaneo di lecci e roverelle, all'interno del quale sono state poi via via inserite le specie importate, in più d'un caso esotiche e rare: cartelli fissati alla base dei tronchi ne indicano i nomi in italiano, latino e «laconese».

Subito dopo l'ingresso si trova un ponte sul ruscello che è sovrastato da un ippocastano: alto 21 metri, è il più grande della Sardegna, una terra dove – ha osservato Siro Vannelli – questa pianta non trova di solito «soddisfacenti condizioni per esprimere in pieno le sue qualità di pianta ornamentale». Seguendo poi il sentiero che piega a destra si raggiunge un enorme cedro del Libano: alto venticinque metri, ha la circonferenza alla base di oltre quattro.

Ritornando sui propri passi si sale gradatamente lungo il ruscello, lasciando sulla destra uno sperone roccioso nel quale si apre una grotta. Si raggiunge così il lago e subito dopo un gruppo di grandi eucalipti e i resti del castello. Ancora oltre è la cascata, vicino alla quale si leva un platano, ancora più alto e maestoso del cedro: raggiunge i trenta metri di altezza.

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