La Nuova Sardegna

Nel Ciad per capire un habitat unico

di Antonio Meloni

Censite migliaia di piante nel Sahara dagli studiosi dell’Università di Sassari

30 gennaio 2018
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SASSARI. L’ambiente naturale del Ciad non ha più segreti grazie all’ultima spedizione di un gruppo di studiosi dell’Università di Sassari autori di un reportage inedito ricco di dati e notizie importanti legati all’habitat decisamente singolare di una delle regioni più belle e significative del continente africano.

La straordinaria esperienza sul campo, realizzata in prima persona da due botanici, Ignazio Camarda e Giuseppe Brundu, un geologo e un archeologo, Antonio Ulzega e Alberto Moravetti, è stata raccontata in un filmato realizzato dal reporter sassarese Claudio Castangia. In trenta minuti, il video, “Da N’Djamena al Tibesti”, con la voce narrante di Valerio Sacco, racconta in dettaglio l’ultima missione nel Nord Ovest del Sahara ciadiano progettata con l’intento di proseguire un percorso di studio avviato, per la prima volta, nel lontano 1998. Il filmato è stato presentato nei giorni scorsi in prima assoluta, nell’aula magna della facoltà di Agraria di Sassari, dove i ricercatori, protagonisti della missione, hanno illustrato i momenti salienti del viaggio in un’area indagata fin dagli anni Trenta del Novecento, perfino dal mitico Ardito Desio, che arrivò in Ciad passando, però, dalla Libia. Per la facoltà di Agraria di Sassari si tratta della decima spedizione in un’area che, negli anni, per ovvie ragioni legate alla situazione internazionale, è diventata malsicura.

Gli studiosi partiti da Sassari sono stati in Ciad per due settimane, coprendo diverse centinaia di chilometri, spostandosi nel deserto sahariano a bordo di jeep e sostando, di tanto in tanto, all’interno di campi base allestiti all’aperto. «Una missione quasi interamente autofinanziata – tiene a precisare Ignazio Camarda – che ci ha consentito di approfondire la conoscenza di un ecosistema davvero unico soprattutto per ciò che riguarda i meccanismi di adattamento adottati da specie endemiche presenti a quelle latitudini». La flora del Ciad è stata scandagliata e inventariata con l’obiettivo di avere una messe preziosa di informazioni che possono trovare impiego nel settore alimentare e farmaceutico. L’equipe ha individuato e censito più di 2.200 specie endemiche localizzate in diverse aree, da quella desertica a quelle vulcaniche che si trovano a più di tremila metri di altitudine.

«L’importanza di questa indagine – prosegue Giuseppe Brundu – è legata anche al fatto che l’ambiente naturale del Ciad è stato oggetto di studio fino alla fine degli anni Settanta, in concomitanza con la presenza francese, poi tutto si è arenato». Fra i contatti più importanti per gli studiosi sassaresi, un ruolo determinante è quello giocato dal missionario sardo don Tonino Melis, biologo specializzato in Francia, nonché ottimo conoscitore della lingua e della realtà locale.

Nel corso della missione, gli studiosi, accompagnati da alcuni funzionari del locale ministero degli Esteri, sono stati ricevuti dal governatore della regione di Bardai.«Perché oggi – prosegue ancora Ignazio Camarda – le autorità del Ciad sono interessate a promuovere l’area dal punto di vista turistico, naturalmente parliamo di un turismo di nicchia per appassionati di bellezze naturalistiche e panorami mozzafiato». L’incontro è stata l’occasione per fare il punto e sfatare anche molti luoghi comuni fioriti nel tempo a ridosso dell’area Sahariana.

Tutto questo a vent’anni dalla prima storica missione dell’Università di Sassari, finanziata a suo tempo con i fondi previsti per la cooperazione internazionale. Le conclusioni del convegno sono state affidate all’europarlamentare Renato Soru.

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