La Nuova Sardegna

Il tenore Francesco Demuro: «Amata Sardegna non ti lascerò mai»

Gianni Bazzoni
Il tenore Francesco Demuro: «Amata Sardegna non ti lascerò mai»

È una star della lirica, si esibisce in tutto il mondo. Ma il cantante torna sempre nella sua Porto Torres: «Abbiamo tutto per vivere di turismo e cultura»

27 giugno 2018
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Come tutti quelli nati al mare vive di emozioni. E non le nasconde, le rilancia ogni volta che sta per prendere un aereo per volare dall’altra parte del mondo «perché la Sardegna è più bella vista dall’alto». Non è uno che se la tira Francesco Demuro, è fra i tenori più famosi al mondo, candidato agli Oscar della lirica per gli International Opera Awards “Opera Star”, ma è rimasto il ragazzo di sempre. E a 40 anni, alla vigilia della partenza per la Cina dove sarà impegnato fino al 22 luglio in “Roméo et Juliet” (sarà Romeo) al National Centre For The Performing Arts di Pechino (uno dei teatri più moderni al mondo, familiarmente definito “Uovo” per la sua particolare forma), Francesco parla della Sardegna e della sua città, dell’importanza di recuperare il tempo perduto, della voglia di fare e rendersi utile per lo sviluppo del territorio. Idee e speranze, il pensiero di un ragazzo rimasto fortemente legato alla sua terra. La splendida voce di un tenore acclamato per immaginare un rilancio del Nord Sardegna.

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«Potrei vivere in qualunque altro posto, a Parigi o Madrid, a New York o Londra – dice – ma ho scelto di stare qui, a Porto Torres. La amo allo stesso modo come amo mia madre, con una intensità straordinaria. Parto ma ogni volta torno, vivo la città in maniera totale, ne apprezzo le straordinarie potenzialità pur consapevole della condizione di degrado che attraversa. Per questo dico che il tempo è scaduto, bisogna fare presto per restituirle il sorriso».

Affacciato sulla veranda dello Scoglio Lungo, da dove si vede l’Asinara e si gode un panorama da favola, Francesco Demuro apre il libro dei sogni.

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«Sono uno che non è nato tenore famoso, ho cominciato dal basso, con tante difficoltà. La mia è una famiglia umile, di quartiere. Volevo fare e sapevo che non era facile. Ho sofferto tanto, ma ero determinato. Ho studiato per crescere, per arrivare, e ogni volta volevo andare su un gradino più alto. Così vorrei che facesse la mia città. Basta con le accuse tra chi c’era prima e chi c’è oggi, non mi interessa nemmeno chi amministrerà domani. Perché il copione non si dovrebbe discostare di molto: il soggetto principale è una città bellissima, la stessa che i romani scelsero come simbolo di successo e che ha avuto ruoli di primo piano nella storia dell’impero». Non vuole guardare ai partiti Francesco Demuro, ma sa che parlare è fare politica. Ogni cosa che dici ti schiera.

«Accetto il rischio – dice – e comincio a dire che Porto Torres deve andare con coraggio incontro a una nuova vita. L’industria non c’è più, ha rappresentato un capitolo importante in termini occupazionali e di sviluppo, ha dato reddito a migliaia di famiglie in mezza Sardegna. Ma ha lasciato tante macerie e una delusione cocente, non si può fare lutto a vita. Usciamone subito con una “pulizia generale” vera e con nuove scelte. Girando il mondo ho capito che turismo e cultura, tradizioni, artigianato e prodotti della nostra terra sono gli elementi forti del nuovo sviluppo. E a Porto Torres abbiamo tutto, non manca niente. Una cassaforte piena di gioielli inutilizzati. C’è purtroppo una carenza di attenzione, mancano passione e amore per la città. Altrimenti non si spiega perché è così sporca (quindi non viene pulita ma neppure rispettata da chi abbandona i rifiuti), ha erbacce ovunque, buche nelle strade. Le navi con i passeggeri arrivano al porto industriale anziché nelle banchine di fronte al centro cittadino, una beffa».

Il tenore ha in testa il turismo, quello vero. «Abbiamo un clima straordinario che ci consente di accogliere ospiti per dieci mesi l’anno – afferma – senza fare niente di straordinario. Solo garantendo i servizi. Ma la città non ha posti letto a sufficienza, ha un lungomare bellissimo ma non ci sono alberghi e botteghe artigiane. In prima fila, davanti alla spiaggia dello Scoglio Lungo ci sono due scuole, vanno ricollocate in altre zone della città e sostituite con hotel. I parcheggi tolgono spazi alla passeggiata e i marciapiedi sono un percorso sconnesso. La pista ciclabile dove vado a correre ogni volta che posso è un fiore all’occhiello ma appare in abbandono, e il ponte romano mi rattrista il cuore quando lo vedo in quelle condizioni, tagliato in due, dimenticato e chiuso. La Basilica perde pezzi. Che follia».

Fondi europei, idee che già ci sono e che andrebbero “copiate da altre realtà” «perché fare bene non è reato». La spiaggia di Balai e le altre del litorale senza servizi, senza pulizia: «Non può esistere, non si può arrivare in ritardo, occorre agire in anticipo: io ci metto la mia faccia, qui si può portare tanta gente. Il Parco dell’Asinara da solo vale metà dell’opera. Passa l’ultimo treno, non restiamo a terra, facciamolo per i nostri figli».

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