La Nuova Sardegna

La scoperta: la lettera "eretica" è certamente di Galileo

Roberto Sanna
La scoperta: la lettera "eretica" è certamente di Galileo

E' il documento che attirò sullo scienziato le attenzioni dell'Inquisizione. Nella ricerca cominciata a Londra è coinvolto anche il docente di Cagliari Michele Camerota

23 settembre 2018
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SASSARI. Per quella lettera che Salvatore Ricciardo, giovane ricercatore dell'Università di Bergamo, ha trovato in una biblioteca di Londra di proprietà della Royal Society, Galileo Galilei ha rischiato il rogo. Tanto da doverla edulcorare due anni dopo, in una copia da lui stesso diffusa.

Fino allo scorso mese di agosto 2018, in realtà, si pensava che la prima lettera non fosse autografa ma contraffatta dal monaco che denunciò lo scienziato toscano all’Inquisizione, ma così non è: a confermarlo è Michele Camerota, professore ordinario di Storia della Scienza all’Università di Cagliari, che insieme al collega di Bergamo Franco Giudice ha esaminato il documento giungendo alla conclusione che «la mano è quella di Galileo Galilei. Abbiamo confrontato la lettera con alcuni scritti coevi e tutto corrisponde, inoltre ci sono alcune varianti e cancellature che solo lui avrebbe potuto fare». Michele Camerota, che è specializzato negli studi galileiani, e Franco Giudice esporranno le loro conclusioni in un articolo che uscirà a breve sulla rivista “Notes and Records” della Royal Society. Il ritrovamento per quanto causale è avvenuto alla luce del sole: la lettera era esposta e catalogata, ma si pensava fosse una copia. Salvatore Ricciardo invece si è posto il dubbio e ha informato il suo supervisore di Bergamo, il quale a sua volta ha chiamato in causa il collega e amico dell’Università di Cagliari. Il loro lavoro mette fine così a un piccolo giallo: la lettera che il monaco benedettino Niccolò Lorini inviò all’Inquisizione nel 1615 è infatti custodita negli archivi segreti del Vaticano. Le successive correzioni dello stesso Galilei hanno alimentato la convinzione che quel monaco avesse prodotto un documento falso.

Il destinatario della lettera era l’amico Benedetto Castelli, matematico dell'università di Pisa «ma per quanto il destinatario fosse un privato – dice Camerota – il vero scopo era quello di chiarire le sue posizioni. Galileo Galilei cercò di limare il contrasto tra il Copernicanesimo e la Chiesa, ma quella lettera si trasformò per lui in un capo d’accusa. Una volta fiutato il pericolo fece circolare la stessa lettera con alcune correzioni delle espressioni più forti. In particolare il termine “falso” attribuito ad alcune affermazioni della Bibbia è stato sostituito con un “suonano lontano dal vero”. Per tanti anni si è pensato che fosse stato il frate dominicano a correggere, con espressioni più gravi, la lettera originale. Adesso invece abbiamo la certezza che fu Galilei a scrivere quelle espressioni, alleggerendole successivamente».

L’articolo che uscirà tra pochi giorni sarà inoltre un punto di partenza per capire quanto questa vicenda possa aver influenzato l’intera vicenda dello scienziato toscano, ma resta da chiarire ancora un punto: come ha fatto quel documento così prezioso ad arrivare fino a Londra? «Stiamo approfondendo la questione – conclude Michele Camerota –: l’idea che abbiamo è che ci fossero dei contatti molto stretti tra l’Accademia del Cimento di Firenze e gli ambienti inglesi che poi hanno dato vita alla Royal Society, purtroppo manca un documento di accompagnamento e la lettera è stata catalogata solo col nome del mittente».
 

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