La Nuova Sardegna

Cage.488 e Normax, il rap dei sardi che piace a Londra

Giovanni Dessole
Cage.488 e Normax, il rap dei sardi che piace a Londra

Giuseppe Ruzzeddu e Jacopo Galleri, giovani musicisti in Inghilterra, Entrambi sassaresi, uno canta e l’altro si occupa della produzione. L’ultimo loro lavoro s’intitola “We did it” (Noi lo abbiamo fatto)

29 dicembre 2018
4 MINUTI DI LETTURA





Lo scorso 12 dicembre, a Sassari in via Turati e via Luna e Sole, sono comparsi enormi manifesti che invitavano all’ascolto di “We did it”, il nuovo disco di Cage.488 e Normax distribuito dalla Tharus, che al momento è la principale etichetta della scena urban nazionale. Rewind. Giuseppe Ruzzeddu, classe 1998 aka Cage.488, e Jacopo Galleri, classe 1996 aka Normax, sono due ragazzi nati a Sassari e vissuti fra il centro storico, il quartiere di Monte Rosello e la campagna cittadina. A 12 anni scocca la scintilla che accende spie ed equalizzatori, nel 2017 la scelta: lasciare la Sardegna e trasferirsi nel Regno Unito, precisamente a Londra.

Cage.488 voleva raggiungere Normax, il suo produttore, che viveva in Inghilterra già da tre mesi ed è sotto il Big Ben che – autoproducendosi e autofinanziandosi – realizzano il loro sogno in forma di disco: un anno di lavoro, undici tracce e la pubblicazione su tutte le piattaforme streaming digitali, con annesse gigantografie regalate agli sguardi della loro città d’origine, Sassari. Una pioggia di like rafforza il messaggio lanciato da Giuseppe, condiviso da Jacopo e amplificato da follower, amici e fan che assistono allo sboccare del progetto di vita, rap % Co. e musica.

Il primo singolo Cage.488 lo registra a 14 anni in collaborazione con Low-Red e Normax: la porta di un mondo fatto di parole e note si apre per lui dopo l’ascolto di “Che bello essere noi” dei Club Dogo e “Watch the Throne” di Jay Z e Kanye West. Quella porta non si è ancora richiusa, lo ha portato a Londra. Normax ha alle spalle un padre grande appassionato di musica e ispirazioni risalenti a Philip Glass, Reich, Wim Mertens e Moondog: «Sembra strano perché noi facciamo tutt’altro genere. A otto anni la mia prima chitarra, mentre la prima canzone rap che mi ha fatto emozionare è Foto di gruppo di Bassi Maestro». A Cage.488 non piacciono le etichette di genere: «Sinceramente non mi sento di appartenere a un genere in particolare, mi piace comporre musica che sia semplicemente la migliore espressione di me stesso. Cerco di prendere influenze da mondi distanti dal mio, ultimamente sono in fissa con il Black Album dei Metallica del 1991».

Normax ricorda che a Sassari non mancavano supporto e stima sottolineando però che «fare musica nella nostra terra è come farla in qualsiasi altra parte del mondo, ma è più difficile che le persone capiscano la tua proposta e si espongano per farla andare in alto. A Londra abbiamo messo su uno studio in casa e ci siamo messi d’impegno per trovare artisti che come noi condividevano la nostra passione». Gli fa eco Cage.488: «A Londra abbiamo avuto la possibilità di fare arrivare la nostra musica ad ascoltatori stranieri, mi ha soddisfatto il fatto che, nonostante non capiscano ciò che vogliamo comunicare, hanno comunque apprezzato il nostro suono».

C’è grande affiatamento fra i due, si sente. L’album? «”We did it” racconta e rappresenta al meglio la nostra Londra, tutto ciò che mi ha trasmesso e che ho vissuto nella capitale londinese in un anno», dice Giuseppe. «Il disco è stato concepito interamente sul principio di una forte sintonia fra me e Cage.488 – afferma Normax –. La maggior parte dei brani li abbiamo composti assieme alle parole: questa è la magia che si è creata a Londra, una vera e propria fusione fra musica e parole, quasi telepatia».

Sogni realizzati o da realizzare? «Sinceramente cerco di pormi obbiettivi sempre più grandi e ambiziosi – dice Cage.488 –. Che senso avrebbe la vita senza spingerci a fare qualcosa di sempre più grande». Oggi hanno un team che lavora unito su musica, video e grafiche, la prossima estate si esibiranno in Sardegna.

Il presente è Londra, il futuro? «Londra è una metropoli che ti toglie tanto, come l’affetto dei familiari e degli amici, ma al tempo stesso sa darti motivazione e voglia di fare. A ogni ora del giorno nelle metro, nelle strade, vedi solo gente che corre. Londra non ti fa mai stare fermo, tiene la mente sempre in moto. Il domani? Mai dire mai».

In Primo Piano
Politica

Sanità, liste d’attesa troppo lunghe La Regione: «Faremo interventi strutturali»

Le nostre iniziative