La Nuova Sardegna

Il gioiello del Goceano Arvisionadu d’amare

di DARIO BUDRONI
Il gioiello del Goceano Arvisionadu d’amare

A Benetutti la rinascita di un vitigno che è andato a un passo dall’estinzione Una cantina moderna con coltivazione biologica e vendemmia a mano

03 novembre 2019
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C’è mancato un pelo. L’Arvisionadu era a un passo dall’estinzione. Adesso invece le cose sono cambiate: dall’antichissimo vitigno si produce un vino talmente buono da riuscire a conquistare importanti premi a spasso per l’Italia e l’Europa. Merito di chi ha creduto nella storia e si è rimboccato le maniche per non far morire la vecchia tradizione. Come per esempio Pino Mulas, dirigente medico in pensione e per alcuni anni anche senatore, che insieme al collega Angelo Taborelli qualche anno fa ha fondato la Cantina Arvisionadu. La punta di diamante della produzione si chiama G’Oceano, un ottimo e pluripremiato vino rigorosamente Arvisionadu.

La tradizione. Le vigne della Cantina Arvisionadu si trovano a Benetutti, nel cuore del Goceano, in località Luzzanas, mentre la sede legale si trova a Olbia. Il tutto si è sviluppato nel giro di pochi anni, anche se la tradizione di famiglia viene da lontano. «Erano gli anni Cinquanta quando mio padre, Luigino, impiantò una vigna – ricorda Pino Mulas (nella foto) -. Si fece una grande festa paesana, con un percorso che andava dalle tenute fino a Benetutti, con il classico carro a buoi». Il padre di Mulas puntò sull’Arvisionadu, che è un bianco. Negli anni, però, la vigna venne in parte abbandonata. «Nel 2006 abbiamo deciso di rinnovare la tenuta, mentre nel 2013 abbiamo fondato la cantina – dice l’ex senatore -. Abbiamo deciso di continuare la tradizione con l’idea di valorizzare l’Arvisionadu. Perché stiamo parlando di un vitigno autoctono antichissimo, considerato un unicum, la cui origine si perde nei millenni». Le tenute di Mulas, che in cantina è affiancato dal figlio Gianluca, l’amministratore dell’azienda, sorgono in uno degli angoli più belli e suggestivi della Sardegna. A due passi dalle vigne c’è per esempio la domus de janas di Luzzanas, che al suo interno conserva il graffito di un misterioso labirinto. Ai margini del vigneto si può invece ammirare un nuraghe con una fonte di tracimazione. «Nella tenuta di famiglia mio padre trovò addirittura delle monete romane, adesso sono al museo archeologico di Cagliari» ricorda Mulas.

La cantina. Giovane ma con delle radici molto antiche. La Cantina Arvisionadu è subito diventata una azienda modello e molto apprezzata sia per la qualità dei vini che per l’importante operazione di recupero dello storico vitigno. «Il nome Arvisionadu è addirittura di origine latina. Stiamo parlando di un qualcosa che è sempre stato presente nel nostro territorio – sottolinea Mulas –. Purtroppo però non era mai stato valorizzato, forse perché è un vitigno difficile da coltivare e con una resa bassa. Noi ci abbiamo provato e i risultati ci stanno dando ragione». La vigne si sviluppano in un fazzoletto di terra di cinque ettari. Poi c’è la cantina, una elegante struttura che richiama le tradizioni del luogo. Nulla è lasciato al caso. Insieme all’enologo Andrea Pala, che è anche presidente nazionale dell’Associazione giovani enologi, i proprietari della cantina hanno deciso di puntare su un processo di produzione che sia il più naturale possibile. La vendemmia si fa a mano e la coltivazione è rigorosamente biologica. «Siamo soddisfatti, noi ce la stiamo mettendo sicuramente tutta – prosegue Pino Mulas -. Il nostro progetto è molto giovane ma i risultati e le soddisfazioni stanno arrivando. Però la cosa più importante è essere riusciti a valorizzare l’Arvisionadu. E questo ci riempie sicuramente di orgoglio».

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